Ex Grifoni, Braglia: “Il Perugia si sceglie e basta”

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foto: acperugiacalcio.com

Ex Grifoni, Braglia: “Il Perugia si sceglie e basta”. Il numero uno degli anni ’90: “Castagner e Persico figure fondamentali. Con la città rapporto fantastico”

 

Nella rubrica settimanale curata nel sito ufficiale del Perugia Calcio, il “matchday program”, che presenta la gara casalinga del weekend, c’è anche spazio per una bella intervista a Simone Braglia, ex portiere del Grifo tra il 1992 e il 1996 (con le sue parate ha condotto i biancorossi dalla terza serie alla A).

Che ricordi hai della tua esperienza a Perugia?

“Dico solo questo: mia figlia Beatrice è nata e battezzata a Perugia, è stata la squadra con la quale ho fatto più presenze (128, ndr) in carriera, città stupenda e tanti amici e tifosi storici. Come potrei dimenticarmi del prof. Cerulli e dell’altro medico ginecologo Peppino Fronti. In una parola: stupenda”.

Ricordi come andò la trattativa?

“Non ci pensai due secondi: io volevo giocare, non ho guardato la categoria. Il Perugia si sceglie e basta. Diciamo che sono stato avvantaggiato visto il passaggio da un Grifone (il Genoa) ad un altro Grifone (ride, ndr). Poi alla fine, dopo quattro anni, furono fatte scelte tecniche diverse e mi dispiacque tantissimo andar via”.

Recentemente avevi dichiarato che erano due i tecnici che ti hanno lasciato qualcosa…

“Sì, Osvaldo Bagnoli, due anni al Genoa, e Ilario Castagner. La dote principale di Ilario è che mi lasciava libero di interpretare il ruolo come meglio preferivo, mi dava la piena responsabilità della mia zona di competenza”.

Ma sappiamo che c’è un’altra figura importantissima per te…

“Piero Persico, il mio preparatore, o meglio, uno dei più grandi preparatori dei portieri al pari di Negrisolo e Battara. Una persona di una umanità incredibile, sapeva entrarti nella testa ma soprattutto mi ha insegnato il senso della fatica per arrivare a fare la prestazione. Oltre a me è stato il maestro di Zenga, Tacconi, Di Leo, Ferron, Bonaiuti, Mazzantini e altri. Un grande! E proprio a Persico è legato un altro aneddoto davvero curioso. Era una sera d’estate. Avevo concluso da poco il campionato con la Lucchese (1996-1997, Serie B). Piero mi chiama e mi dice che Ariedo Braida lo aveva cercato per avere informazioni su di me e lui fece delle referenze positive e in effetti, poche settimane dopo, andai al Milan. La chiamata dei rossoneri fu una grande soddisfazione personale per concludere al meglio l’esperienza nel mondo del calcio e che ha impreziosito una carriera durata 20 anni”.

Non possiamo non chiederti dello spareggio di Foggia (Perugia-Acireale).

“In un momento in cui tutti festeggiavano, mi ricordo che vidi il presidente moscio, non aggiungo altro”.

Nella rocambolesca partita vinta ad Avellino nella stagione di serie C girone B 1993-1994, con doppietta di Lamberto Piovanelli, parasti un rigore proprio nel finale di gara. Al termine venisti ad esultare sotto il settore biancorosso, qualcuno entrò in campo e rientrasti negli spogliatoi in mutande.

“Un ricordo indelebile. La partita della rivalsa. Parai un rigore a Fresta e feci altri interventi prodigiosi, fu la partita della svolta del nostro campionato. In quella stagione parai altri 6-7 rigori grazie, ancora una volta, a Persico che mi mise nella condizioni di rendere al meglio, ero sereno di testa. Al rientro negli spogliatoi dopo quella partita i compagni mi intonarono il coro “Simone Braglia la la la la la, Simone Braglia la la la la la… Quell’anno tra l’altro vinsi il trofeo “Miglior Grifone” a cui tengo tantissimo”.

Negli anni ’90 a Perugia, quasi settimanalmente, si inauguravano club sia in città che in provincia e prolificavano iniziative di vario genere. Il “contatto” tra giocatori e tifoseria era qualcosa di straordinario, che ricordi hai?

“Momenti indimenticabili. Rimpiango che oggi non si tenga conto di questo rapporto, anche se non è il caso di Perugia, che anzi mi ha aiutato a superare la sofferenza che mi portavo dietro dalla separazione dal Genoa. Vi racconto anche questo: mia moglie mi iscrisse ad un corso di ristrutturazione di mobili antichi che si teneva ad Elce e poi la briscola al bar di Sandrino con alcuni tifosi, cioè mi immersi nella peruginità a 360°, ricordi emozionanti”.

Hai conosciuto compagni di squadra con caratteristiche molto diverse. In attacco, per esempio, hai conosciuto atleti come Giovanni Cornacchini, una punta che sia in serie C che in B siglava di media 20 reti a campionato. Poi Marco Negri, che nell’anno della promozione in A (1995-1996) realizzò 18 goal. Le differenze?

“Il “tenebroso” Marco era più completo sia di testa che di piede mentre Giovanni era più rapido, svelto ma sono davvero sottigliezze perché entrambi hanno dato tanto al Grifo”.

Con chi andavi più d’accordo?

“Di carattere ero un po’ “orso” quindi non frequentavo molto i miei compagni fuori dal campo, ma con Gianluca Atzori si creò quell’empatia giusta grazie anche alle amicizie familiari”.

E con il tuo collega Paolo Fabbri?

“Con “Paolino” c’era rapporto schietto, di rispetto reciproco, sempre improntato alla correttezza. Semmai se dovevo dire qualcosa lo dicevo dentro lo spogliatoio, non sono mai stato uno “diplomatico” e quindi con gli allenatori non avevo sempre un bel rapporto”.

Cosa ricordi della promozione in A del 1995-1996?

“Non un gran ricordo perché, viste alcune vicissitudini tecniche, passai dall’essere capitano a giocatore “normale” però grazie alla società mi ripresi e alla fine fui contento per la promozione anche se, successivamente, per quelle vicissitudini di prima me ne andai”.

Dei portieri attuali chi ti piace di più?

“Donnarumma e Meret. Il primo è più possente fisicamente e gode della fiducia della società nel senso che gioca titolare. Meret invece è più longilineo ma non gioca con regolarità. Ma sono loro il futuro, tanto è vero che sono anche in Nazionale”.

Cosa non ti piace vedere nei portieri di oggi?

“Oggi non c’è più la scuola tecnica, vedo degli errori basici di tecnica, un portiere non si può costruire in palestra. Come diceva Persico “il portiere deve mangiare la terra..”.

L’avversario più forte che hai incontrato in carriera?

“Beh, in realtà sono due: Maradona e Van Basten. E dirò di più: nelle poche volte che li ho affrontati non mi hanno mai segnato. La considero anche questa una piccola grande soddisfazione”.

Cosa fa oggi Simone Braglia?

“Sono un consulente finanziario, ma non ho abbandonato la passione per il calcio. Ho avuto prima una scuola di portieri dilettanti qui vicino Como e poi a Cantù. Ora sto lavorando ad un progetto vicino casa e che svelerò prossimamente. Inoltre faccio parte del “Milan Glorie” e lo scorso anno ho partecipato al remake della finale Usa ’94 Brasile-Italia insieme al collega Sebastiano Rossi”.

Nicolò Brillo