Cosa significa essere tifosi del Grifo

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Solidarietà in occasione di Perugia-Palermo. Una raccolta fondi per studenti con problemi visivi verrà effettuata prima del match presso i cancelli della Nord

Cosa significa essere tifosi del Grifo. Analisi del momento che sta attraversando la squadra di calcio, attraverso le caratteristiche di città e sostenitori

 

La terza sconfitta consecutiva, la quarta in cinque gare ha oggettivamente – e comprensibilmente – “scatenato” i tifosi.

Tante sono le feroci discussioni tra le varie anime della tifoseria biancorossa.

Ma cosa significa essere tifosi del Grifo?

Ancor prima di riflettere su cosa significhi tifare Perugia, però, bisogna capire cosa significa essere perugini.

Essere nati e cresciuti in questa meravigliosa città significa, innanzitutto, avere un carattere del c***o ed andarne molto fieri!

Siamo orgogliosi, litigiosi, duri, brontoloni, diffidenti e chiusi.

Poco inclini a concedere confidenza, ma – una volta amici – è incondizionatamente per tutta la vita.

Un caratteraccio, però, che viene da molto lontano.

Siamo nati in una città dalle radici di pietra.

Una città dura, essenziale, arroccata su un “toppo”.

Spazzata l’inverno dalla tramontana che gela “gli ossi” e l’estate soffocata dal caldo che infuoca il travertino.

Una città severamente bella, senza la leziosità toscana, né l’opulenza romana.

Una città che mangia e beve semplice: ‘l vin rosso, la “ciccia”, le tagliatelle coi “rigaji”, la torta al testo col “pregiutto”.

Dove il pane è “sciapo” ed i dolci sono di una magnifica semplicità.

Una città fatta di aspre salite, vicoli oscuri ed archi.

Dura da vivere, nonostante la sua straordinaria bellezza.

Che in tutta la sua ultramillenaria storia non ha mai piegato la testa: da Augusto, a Totila al Papa Re.

Eppure noi perugini – fieri ed orgogliosi della nostra città, pronti a difenderla con tenacia e coraggio a costo della vita – siamo pronti a scatenare il nostro spirito bellicoso, anche tra di noi.

Fin dai Raspanti e Beccherini che si affrontavano in battaglie fratricide inondando di sangue le pietre cittadine.

Una città in cui i “tribb’li” sono tanti e le soddisfazioni poche.

E tutto questo si riflette nel Perugia Calcio.

Il Grifo – per noi – è come l’Arco Etrusco o il Fontanone; come la “ciaramiq’la”, il “torq’lo de San Gostanzo” e i cappelletti.

Non c’è Perugia, senza il Grifo e viceversa.

Guai, quindi, chi dall’esterno tocca il Perugia Calcio, ma tra di noi tifosi siamo pronti ad affrontarci con durezza ed aspre polemiche.

Una cosa su cui siamo tutti d’accordo è che per essere tifosi del Perugia – come per essere perugini – bisogna mettersi l’anima in pace che i “tribb’li”, le pene, saranno sempre più delle soddisfazioni.

Ma il nostro amore per il Grifo è cieco e se ne frega della contabilità tra pene e gioie: il Perugia si ama incondizionatamente, anche se fallisce due volte in pochi anni o perde tre partite in fila.

Sulla scorta di tali concetti, ci sono due principali tipologie di tifosi: gli “ortodossi” ed i “liberi”.

Entrambe le tipologie amano appassionatamente il Grifo e non l’hanno mai abbandonato, anche nei campi in terra battuta, tra i dilettanti.

Ci sono sempre e tifano incessantemente, ma vi sono delle sostanziali differenze sull’approccio.

Gli “ortodossi” identificano il Grifo con la Società: essa, quindi, non sbaglia mai e non può essere contestata.

Non si pongono il problema se le varie scelte siano state giuste o sbagliate: è stato giusto, solo perché l’ha deciso il Presidente.

Quelli che “non si può criticare Santopadre, perché se va via non c’è nessuno e falliamo un’altra volta”.

Ed accusano di disfattismo tutti quelli che in momenti come questi, s’incazzano e vorrebbero protestare.

I “liberi”, invece, distinguono tra il Grifo, la maglia, i colori (che non si discutono mai) da chi temporaneamente la indossa o chi temporaneamente guida la Società (e questi si possono discutere).

Per i “liberi” indossare la maglia del Grifo, sedersi sulla panchina o alla scrivania del Presidente è un grandissimo onore, ma dà anche grosse responsabilità nei confronti dei tifosi, ma soprattutto della Città.

Se, però, l’impegno di tutte le componenti non si ritiene all’altezza dell’onore dei colori biancorossi, non stanno zitti, ma fanno sentire il proprio malcontento, le proprie critiche.

Non si sentono – come gli altri – con le spalle al muro, privi della libertà di criticare.

Riconoscono – con gratitudine – a Santopadre il grande merito di aver riportato il Grifo nel calcio che conta, di mantenere sana e con i conti a posto la Società.

Ma come fanno parte del passato grandi presidenti come Spagnoli, D’Attoma e Gaucci passerà anche Santopadre e dopo di lui ce ne saranno sicuramente altri.

Solo il Perugia Calcio rimane quale filo conduttore della storia cittadina.

Per questi tifosi durante in 90’ si tifa incessantemente il Perugia, anche sotto di 5 gol.

Ma al fischio finale ed in settimana – se non c’è stato l’impegno che merita la maglia – si fa chiaramente capire ai giocatori ed alla Società tutto il proprio malcontento.

Si fa capire che i risultati non sono la cosa più importante, ma lo è l’impegno.

Che come dice la mia amica Eva – grande tifosa del Grifo – accettiamo di perdere la partita, ma non di perdere la faccia!

Che la cosa più importante è l’orgoglio di indossare ed onorare la maglia, il giocare sempre con il “sangue agli occhi”, il metterci sempre il massimo impegno con chiunque: con il capolista Frosinone, come con l’ultima Pro Vercelli, a prescindere dal risultato.

Ho grande rispetto per la prima tipologia di tifosi, ma mi riconosco di più nella seconda.

Dire, quindi, che ora basta, che ci siamo stufati, non vuol dire essere pessimi tifosi.

É inutile ora, però, andare alla ricerca spasmodica del responsabile: Giunti, piuttosto che il singolo giocatore.

Il solito “giochino” – più volte visto in passato – di dare per forza in pasto alla folla un responsabile, sottraendosi dalle proprie responsabilità.

E noi tifosi diventare lo strumento – più o meno inconsapevole – di “pressioni” contro il capro espiatorio di turno per emarginarlo.

Un meccanismo ormai stranoto a tutti noi.

In questo momento – ammesso e non concesso che ci sia un responsabile e che lo si possa individuare – non serve proprio a nulla!!!

Ciò distruggerebbe il Gruppo e non dovremmo più guardare la testa della classifica ancora lì a soli 2 punti, ma invece temere la coda a soli 3 punti.

Un cambio di panchina, quindi, sarebbe un grandissimo errore, come sarebbe un grandissimo errore isolare e mettere fuori squadra qualche giocatore!

Tutte le componenti del Grifo si devono guardare negli occhi e capire di essere tutti – nessuno escluso – responsabili di questa situazione e cambiare rotta.

Perché noi tifosi non meritiamo tutto ciò.

Non merita tutto ciò chi tifa e canta incessantemente in Curva Nord.

Chi si fa ore di pulmann, viene “congelato” in periferia e fatto entrare allo stadio solo a partita iniziata, com’è successo a Foggia.

Chi non può entrare in uno stadio e soffre davanti alla TV o attaccato alla radiolina.

Quindi ora basta, metteteci il cuore!

La squadra è forte, l’allenatore pure: nessuno è diventato improvvisamente un brocco.

La squadra ha tutte le potenzialità per fare un campionato di vertice: basta solo ritrovare lo spirito di un mese fa.

Basta solo serrare i ranghi, ricordare di essere un gruppo ed il cuore di un’intera città.

Remare tutti insieme nella stessa direzione.

E pensare solo al campo ed alla prossima partita.

Forza Grifo!

Avv. Gian Luca Laurenzi