Il Prof. Boncompagni: “Alla ripresa conterà più la testa che le gambe”

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Il Prof. Boncompagni:
foto: forzasangio.it

Il Prof. Boncompagni: “Alla ripresa conterà più la testa che le gambe”. L’ex preparatore atletico del Perugia ipotizza lo scenario cui molte squadre di calcio si troveranno una volta finita la quarantena

 

La redazione di Sportperugia.it ha cercato in questi giorni di mettersi sulle tracce di un preparatore atletico (possibilmente con esperienza nel mondo del calcio) per capire come gli staff tecnici delle squadre e gli stessi atleti affrontano il momento e come ci si può preparare da un punto di vista fisico in vista di una ripresa delle gare che comunque, al momento, non è certo imminente.

Abbiamo quindi contattato il Prof. Luca Boncompagni, ex preparatore atletico del Perugia Calcio tra il marzo 2010 e il giugno 2012. Ringraziandolo per la grande disponibilità mostrata, l’ex biancorosso ha esaudito tante delle nostre curiosità e domande.

A partire da quale tipo di lavoro atletico si può improntare con i calciatori in questo momento e quando si ripartirà.

“Il problema più grosso è che non si sa quando riprenderanno le competizioni – dichiara subito Boncompagni – Se un atleta, di qualsiasi sport, sa che dovrà partecipare a un torneo tra due mesi, organizza un tipo di preparazione con certi step. In questo momento ciò non si può fare. Ed è la difficoltà più grossa. Sento che alcune squadre, a breve, potrebbero tornare ad allenarsi. Io non credo che accadrà, un po’ per questioni burocratiche, un po’ perchè nemmeno gli stessi calciatori avranno molta voglia di allenarsi in questa situazione. Nel calcio serve una componente collettiva non indifferente, se manca quella è inutile improntare qualsiasi tipo di lavoro”.

Quale sarà però il problema principale che si presenterà più avanti?

“Aldilà di quando si tornerà in campo, senza dubbio i calciatori si ripresenteranno in condizioni psicofisiche che varieranno da individuo ad individuo. Ci sarà quello un po’ appesantito, quello che non è riuscito ad allenarsi quasi per niente, quello che invece ha mantenuto un buono stato di forma… Ogni squadra dovrà organizzare dei lavori molto individualizzati. Poi conterà molto di più l’aspetto psicologico. Far ritrovare ai giocatori una certa concentrazione e una certa tensione agonistica non sarà affatto semplice. Basti pensare allo spareggio tra Perugia e Fiorentina del 2004, quando i Grifoni rimasero molte settimane senza giocare alcuna partita prima di affrontare i Viola. E quel che è accaduto ce lo ricordiamo un po’ tutti. Ricordo un Ravanelli sostituito al Franchi perchè non riusciva proprio ad entrare in partita”.

Si passa poi al momento amarcord rimembrando l’avventura nello staff del Perugia.

“Il Perugia? Sono stato chiamato nel marzo 2010 per sostituire un componente. Eravamo alle porte del fallimento dell’era Covarelli. L’idea era quella che, se si fosse risolta la situazione societaria, si sarebbe ripartiti l’anno successivo con mister Braglia. Così non è stato e ci fu un fuggi fuggi generale in estate. Con l’ingresso della nuova società, che sarebbe ripartita dalla D, mi fu chiesto se volevo rimanere. Dopo una chiacchierata con mister Battistini, che non conoscevo, accettai. In quella stagione si sollevò un entusiasmo e una compattezza incredibile tra tifoseria, città, squadra e società. Un qualcosa di pazzesco, la gente ci fermava per strada e ci incoraggiava. Un po’ come accade ora in Italia con lo slogan #andràtuttobene, una cosa simile. Fu una cavalcata straordinaria, anche se dopo quella stagione sono entrati in gioco altri fattori e altre persone che concepivano la squadra più come un’azienda che altro… La C2 l’abbiamo vinta perchè avevamo una corazzata. A Battistini dicevo sempre di stare tranquillo, perchè anche se si facevano male due elementi nessuno si sarebbe accorto della loro assenza. Avevamo una panchina di livello. Quando siamo andati in difficoltà? Quando abbiamo incontrato squadre che pensavano solo a distruggere il nostro gioco senza costruirne uno loro. Le partite contro il Fondi di Eziolino Capuano e il Milazzo ne sono un esempio. Certo, il gruppo era numeroso e la gestione non era semplice. Per esempio Clemente, campione straordinario, andava supportato psicologicamente dandogli attenzioni particolari. Però non bisognava esagerare per non far sentire gli altri meno importanti”.

Poi la conclusione dell’esperienza al Perugia.

“E’ terminata dopo la vittoria della C2. Là credo fosse finito anche il ciclo di Battistini ed era il momento giusto per lasciare anche per lui. Gli avevano tolto alcuni suoi collaboratori. Come tecnico è bravo e tatticamente buono, ma secondo me, in quel momento, doveva avere la lucidità di fare una scelta diversa. Non a caso poi la situazione si è incrinata l’anno successivo, in C1, ed è stato poi esonerato. Ad ogni modo ho solo bellissimi ricordi dei due anni e quasi mezzo al Grifo. Poi io, pur avendo vissuto in Toscana, sono nato a Perugia. Non è una squadra qualsiasi, ne sono tifoso”.

Si passa poi all’esperienza alla Fiorentina.

“Successivamente ho fatto un’esperienza nelle giovanili della Fiorentina. Nel 2014 sfiorammo la vittoria del campionato nazionale con i Giovanissimi del 1999, con tecnico Eddy Baggio che avevo avuto come giocatore al Pisa. Arrivammo quasi fino in fondo, ma venimmo eliminati dal Milan di un giovanissimo, ma già fenomeno, Gianluigi Donnarumma. Ma anche noi avevamo dei talenti in prospettiva molto interessanti. Uno su tutti era Nicolò Zaniolo. Fisicamente si è sviluppato molto tardi, era un po’ esile di corporatura rispetto ai coetanei. Ma già si vedeva che accarezzava la palla in una certa maniera e che aveva un’importante visione di gioco. Che errore madornale che fece la Fiorentina lasciandolo andare per altri lidi…”.

Si chiude poi con alcune considerazioni sul momento che stanno vivendo tutti gli italiani.

“E’ importante mantenersi occupati in casa. Lavorare tra le proprie mura, se si può, o dedicarsi comunque a qualcosa. Psicologicamente bisogna essere forti e resilienti. Non so quando tutto tornerà alla normalità, ma difficile pensare che dopo il 3 aprile il coronavirus sarà estirpato del tutto. Ci vorrà più tempo. Man mano le attività saranno riaperte poco alla volta. Ma ce la faremo!”.

Intervista di Nicolò Brillo