L’ennesima “figura” del calcio italiano

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L'ennesima

L’ennesima “figura” del calcio italiano. La decisione del Coni sancisce la vittoria di nessuno e la sconfitta del nostro “pallone”. Gli interessi delle alte sfere continuano a primeggiare sulle regole. E i soldi…

 

Chi pensava che il 13 novembre 2017, giorno dell’estromissione della nazionale dai mondiali per mano della Svezia, fosse stato toccato il punto più basso del calcio italiano, si sbagliava di grosso. Evidentemente al peggio pare non esserci mai fine.

E nemmeno il circo mediatico creatosi attorno all’arrivo in Italia del calciatore più forte al mondo ha potuto mascherare una figuraccia a livello mondiale. Perchè di figuraccia mondiale si parla.

Il verdetto del Coni, anche per le tempistiche e le modalità in cui è avvenuto, ha confermato il fatto che gli interessi delle sfere che “contano” hanno ancora una volta primeggiato su qualsiasi regolamento.

Fa molto strano vedere il presidente di un collegio parlare al termine di una sentenza e dissociarsi da tale, dichiarando di essere contrario alla decisione dell’organo che egli stesso presiede.

L’ex ministro Frattini, rivelando anche i numeri della votazione del collegio di garanzia del Coni (3 a favore della B a 19, 2 contrari), ha praticamente lasciato intendere due cose.

La prima che la sua figura ne esce tremendamente delegittimata ed indebolita. La seconda che, dietro alla stipulazione di questo verdetto, potrebbe non esserci il lavoro trasparente di un organo federale, bensì le pressioni e le “minacce” (blocco del campionato di B ed altri ricorsi) dei vertici della Figc e della Lega B.

Perchè se Balata parla di un campionato ridotto a 19 squadre come di una riforma necessaria, è cuorioso come tale sia avvenuta proprio nell’anno in cui tre club non sono riusciti ad iscriversi alla cadetteria. Oltretutto il format della B è stato ridotto anche forzando (per usare un eufemismo) i regolamenti.

Festeggiano dunque i 19 presidenti di B, compatti come non mai nel chiedere a gran voce il blocco dei ripescaggi. Eh si, perchè questa “riforma”, a loro dire, consentirà al campionato di tornare ad essere sostenibile evitando situazioni come quelle di Bari e Cesena.

Se questo può essere in parte vero, è altrettanto fuori discussione che dai ricavi annuali da dividere (diritti tv, sponsorizzazioni…), ogni club di B ora guadagnerà qualcosa in più (pare ci sarà un surplus di circa 700mila euro per ogni società).

E quì c’è assolutamente poca lungimiranza da parte di Balata e dei presidenti delle varie squadre.

Intanto perchè una competizione professionistica “zoppa”, con un numero dispari di partecipanti, non esiste in tutta Europa. In secondo luogo, un campionato di B contraddistinto più dalla grande imprevedibilità che dai contenuti tecnici, sarà destinato a perdere ancora ‘appeal’.

Senza poi stare a discutere della questione diritti Tv. Quest’anno, pur di racimolare qualche soldo in più, si è preferito affidare i contenuti delle prime due divisioni nazionali ad un’emittente semi-sconosciuta senza stare a preoccuparsi del reale servizio che avrebbe poi garantito al pubblico.

Risultato? Lamentele da tutta la penisola e tifosi che rischiano di allontanarsi sempre di più da un mondo in cui la passione viene calpestata in nome del profitto e degli interessi personali.

Ah. Tornando alla questione Bari, Cesena, Avellino. Così sicuri che con questo nuovo format della B il prossimo anno non dovremo assistere a situazioni analoghe? Ai posteri l’ardua sentenza.

In sintesi, la giustizia sportiva ha dimostrato ancora una volta di essere fallace, farraginosa e facilmente calpestabile. Senza regole ben precise e delineate e senza figure istituzionali ed autorevoli in grado di farle rispettare.

Con la riduzione del numero di partecipanti alla B non ha di fatto vinto nessuno.

Non si tratta di una riforma che condurrà il nostro calcio sulla via della salvezza, piuttosto siamo di fronte ad un espediente per coprire i problemi del nostro sistema pallonaro e rimandare sempre più avanti una soluzione coraggiosa e definitiva.

Senza poi parlare delle squadre richiedenti la riammissione in B. Se avessero messo in campo nello scorso campionato l’ardore che hanno mostrato quest’estate nella “battaglia degli avvocati”, probabilmente per loro non c’era bisogno di ripescaggi.

Le promozioni e le salvezze si sudano sul campo, il ripescaggio è invece solo un’opportunità che può palesarsi o meno, non un diritto da rivendicare.

Detto questo hanno sicuramente mille motivi per critare la decisione del collegio di garanzia del Coni. Non lo mettiamo in discussione.

Ma se dopo questo teatrino si dovesse assistere ad un ulteriore crollo degli abbonati negli stadi e anche per quanto riguarda la pay tv, non ci si stupisca più di tanto.

Al nostro calcio non ci crede più nessuno. Buon campionato a tutti!

Chiudiamo con una piccola chiosa sulla nazionale italiana, specchio alquanto fedele dello stato di salute del nostro pallone.

La posizione di Ventura ne esce ridimensionata dopo le prime pessime figure riportate dagli Azzurri di Mancini? Questo non si sa.

Fatto sta che la nostra nazionale, come confermato dai match contro Polonia e Portogallo (non contro Francia e Spagna), continua a rimediare schiaffi a destra e a sinistra in tutte le parti d’Europa e del mondo. Vedere tanti possibili talenti nostrani essere letteralmente bruciati in questo modo, fa male.

E al prossimo fallimento sappiamo già che l’allenatore non potrà essere il capro espiatorio di tutto e di tutti. Le colpe sono da ricercare più in alto, in chi dirige il ‘sistema’.

Nicolò Brillo