Perugia: come rovinarsi in otto giornate

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Perugia: come rovinarsi in otto giornate. Dopo la vittoria contro il Frosinone, che è valsa la vetta, il Grifo ha messo insieme ben sei sconfitte, due pareggi ed è precipitato in piena zona play-out

 

Il confronto tra la classifica della sesta giornata del campionato di serie B e quella della quattordicesima è veramente impietoso per il Perugia.

In sole otto giornate i grifoni sono riusciti a dilapidare la prospettiva di una stagione di alto livello e a sprofondare nei bassi fondi della classifica, in piena zona play-out.

I NUMERI

Nelle prime sei giornate il Perugia aveva messo insieme 4 vittorie, 1 pareggio ed una sola sconfitta, quella assolutamente immeritata di Palermo.

Una media di oltre due punti a partita, che è valsa la vetta momentanea della classifica, proprio alla sesta giornata.

Ben 14 le reti realizzate, con Han e Di Carmine nei quartieri nobili della classifica dei bomber e solo 5 reti subite.

Poi l’inspiegabile (ancora oggi) metamorfosi, che ha portato il Grifo a mettere insieme nelle successive 8 partite ben 6 sconfitte, di cui 5 consecutive e solo 2 pareggi.

Appena 9 le reti realizzate e addirittura 21 quelle subite.

Numeri che chiaramente hanno condizionato la classifica, tanto che dopo il ko di Venezia la squadra biancorossa è scivolata al quint’ultimo posto.

C’è di più.

Il Perugia dopo quattordici giornate è la terz’ultima difesa del campionato (26) e la quart’ultima squadra per rendimento esterno (5).

La media punti dai 2 delle prime sei giornate è scesa a poco più di 1.

Mantenendo questo ritmo il Grifo rischia di chiudere il campionato a circa 45/46 punti, che ad oggi, visto l’andamento del campionato, non sembrano sufficienti per una tranquilla salvezza.

Di positivo, va chiaramente riscontrato il fatto che Di Carmine e compagni hanno mantenuto una buona media realizzativa.

Il Perugia su quattordici giornate è andato a segno in undici e ha il quarto attacco del campionato (23).

COME RIPRENDERSI?

Per guarire abitualmente si dovrebbe conoscere e sconfiggere la malattia.

Ad oggi, tuttavia, è difficile capire la patologia che affligge il Perugia.

E’ evidente che la gestione sportiva messa in piedi in questi anni da Santopadre comincia ad accusare le prime vere falle. Proprio nell’anno in cui la rosa è sembrata la più completa ai nastri di partenza.

La scelta tuttavia di affidarsi ad un’altra scommessa in panchina come Giunti è risultata azzardata.

Forse il massimo dirigente del Grifo e suoi più stretti collaboratori hanno sottovalutato lo spessore umano e professionale di Cristian Bucchi, pensando che dietro ai risultati dello scorso campionato, ci fosse solo una luminosa intuizione estiva e non le capacità dell’uomo di cogliere al meglio l’occasione.

Si è riprovato con Giunti, bravo tecnico ma non certo di curriculum.

Capace di calarsi subito nella parte, ma può esserci il sospetto che abbia dovuto fare i conti con alcuni compromessi.

Ovvero di una società molto presente sul piano tecnico, a cui diventa difficile dire di no o contestare qualche iniziativa, quando sai benissimo (e forse ti viene ricordato spesso) che ti ha concesso la grande chance.

Giunti ha saputo inizialmente dare un gioco e fare risultati, poi è naufragato insieme ad uno spogliatoio, sulla cui credibilità in giro se ne sentono tante, forse troppe pensando a dei professionisti.

Dopo cinque sconfitte consecutive l’esonero è stato inevitabile.

Si poteva, invece, evitare tutto quello che è successo dopo La Spezia, con il rientro del pullman della squadra a Pian di Massiano, il comunicato societario successivo e l’ulteriore ed incomprensibile conferenza stampa.

In un momento di palese difficoltà sportiva, Santopadre in primis e i suoi più stretti collaboratori hanno dimostrato troppa fretta nelle azioni, finendo per minare il rapporto con la piazza e rischiando di compromettere il campionato del Perugia.

In tutto questo i giocatori non possono essere esentati da responsabilità.

Soprattutto i cosiddetti “senatori”, che dopo anni di conoscenza di Perugia e del suo spiccato amore per la squadra di calcio, potevano e dovevano fare di più, in campo e fuori.

Difficile biasimare i tifosi, che oggi si sentono traditi da tutti e che giustamente si muovono solo per “la maglia e la città”.

Dopo anni di incessanti testimonianze d’amore, persino in serie D, “qualcuno” è riuscito a ricreare un ambiente diffidente e fortemente preoccupato.

La Perugia sportiva teme la retrocessione, ma ad oggi non sa più a chi affidarsi per evitare che la china intrapresa porti all’epilogo scongiurato.

Santopadre sembra aver perso credibilità nel ruolo di riferimento carismatico. Basta guardare i commenti ai suoi ricorrenti comunicati. Una volta c’era il plebiscito, oggi sono tanti i tifosi che gli rimproverano qualcosa o più di qualcosa.

Difficile pensare alla squadra. Così come al tecnico Roberto Breda. Ottimo professionista ma catapultato in una situazione forse più grande di lui.

Speriamo che il ritiro di Roccaporena sovverta queste impressioni e magari la vicina Santa Rita vegli sul Perugia e sul suo futuro sportivo.

Diversamente, sarà il caso di prendere decisioni più rischiose a livello “economico” e di “immagine”.

Direttore di SportPerugia.it – Andrea Sonaglia