Lavagna tattica: l’importanza della metodologia di allenamento

617
Lavagna tattica: l'importanza della metodologia di allenamento. Il non lavorare con continuità ha creato difficoltà a Caserta e i suoi ragazzi. Col Sudtirol i soliti pregi e difetti 

Lavagna tattica: l’importanza della metodologia di allenamento. Il non lavorare con continuità ha creato difficoltà a Caserta e i suoi ragazzi. Col Sudtirol i soliti pregi e difetti

 

In una delle ultime esperienze di allenatore, mi sono trovato a gestire un gruppo di ragazzi che, causa un ambiente ovattato ove il risultato era considerato un aspetto secondario, erano da sempre abituati a lavorare poco in campo e a considerare gli allenamenti come una sorta di divertimento post scuola.

Due quindi le difficoltà che mi sono trovato a gestire: da un lato lavorare sulla testa dei ragazzi per responsabilizzarli e farli maturare, dall’altro lavorare in campo per migliorare la cultura del sacrificio, la condizione fisica e le capacità agonistiche.

Inizialmente ho ritenuto opportuno continuare sulla metodologia di allenamento che consideravo in generale la migliore: ma le risposte erano approssimative ed insoddisfacenti.

Ragazzi che sbuffavano, che eseguivano male gli esercizi, pochi sorrisi, un atteggiamento poco propositivo del gruppo.

La riflessione allora è stata la seguente: non potendo cambiare il modo di ragionare di oltre 20 ragazzi, che erano da sempre abituati a ragionare in quella maniera, dovevo cambiare io, proponendo esercitazioni che ottemperassero contemporaneamente ad un duplice obiettivo, mantenere alta l’intensità (parolina magica oggi super abusata), degli allenamenti e farli divertire.

Quindi pochi esercizi, ma ben eseguiti: due contro due, partitelle a pressione, partite con quattro porte, qualche small side game dove i ragazzi si divertivano e davano il meglio delle loro abilità.

I risultati sono stati straordinari: quasi il doppio dei punti nel girone di ritorno rispetto al girone di andata, playoff conquistati all’ultimo tuffo, vittoria in semifinale e sconfitta di misura in finale di fronte ad oltre 500 persone. Il tutto in un campionato ove almeno 7 o 8 squadre erano superiori per qualità ed ampiezza della rosa.

Ai tempi di mister Breda, sembra che la società non fosse contenta della metodologia di allenamento troppo “scolastica” dell’allenatore trevigiano: ma Breda è riuscito, con il suo modo di fare e di allenare, a portare la squadra dalle soglie dei playout ai preliminari dei playoff, poi naufragati a Venezia con Nesta.

Oggi gli scienziati del calcio ritengono che l’esercizio 11 vs 0 non sia funzionale nella metodologia del calcio moderno: bisognerebbe spiegare loro che allenatori come Zeman, come Di Francesco, come lo stesso CT della nazionale Mancini, utilizzino questa esercitazione, anche se in modi ed in tempi diversi.

Ad esempio Mancini lo utilizza in quanto, non avendo i giocatori quotidianamente a disposizione, lo considera propedeutico per una conoscenza più approfondita degli stessi.

Lo stesso mister Caserta, in una intervista ad inizio stagione, disse di non credere ai cosiddetti “mesocicli”, altro concetto molto in voga ai teorici del calcio, che consiste nel programmare gli allenamenti in funzione di obiettivi mensili, in quanto preferiva verificare la situazione giorno dopo giorno, day by day, senza andare a fare programmi di allenamento a lunga scadenza.

Difficile dargli torto, tenuto conto dell’importanza del risultato a certi livelli.

La sintesi è questa: attenzione a giudicare o addirittura a denigrare la metodologia di allenamento di ogni allenatore, in quanto tempi, spazi, contesti, obiettivi, età, giocatori diversi presuppongono inevitabilmente allenamenti diversi.

Riprendendo le dichiarazioni di mister Caserta è inevitabile che il non allenarsi con continuità, giocare ogni 3 giorni, abbia portato ad un’altalena di risultati purtroppo negativa per il Perugia.

L’allenamento è fondamentale innanzitutto per recuperare dalla partita giocata qualche giorno prima e poi per mantenere una condizione fisica di un certo livello.

E’ evidente che il Perugia ha pagato questa situazione, compromettendo forse definitivamente il raggiungimento del primo posto.

Altro aspetto essenziale dell’allenamento è la crescita dei giocatori e di conseguenza delle squadre: fa sicuramente piacere, ad esempio, vedere Murano in ottima condizione fisica e psicologica, finalmente decisivo nella giocate, sembra addirittura più veloce nei movimenti.

Una crescita importante per la squadra che ha sempre lamentato l’assenza di uno stoccatore di livello assoluto.

A livello di crescita non si può non sottolineare come lo stesso Sud Tirol sia una squadra ancora più forte del girone di andata, anche grazie all’inserimento di alcuni giocatori nuovi (Voltan su tutti), ma soprattutto con una presa di coscienza dei propri mezzi importante e con un centrocampo che ha dimostrato di essere superiore tecnicamente a quello dei grifoni.

Fondamentale la rete di Monaco, in quanto chi segna per primo solitamente si porta a casa queste gare, che ha coronato con il gol una prestazione di alto livello (al pari di Kouan, ieri il migliore in campo).

La gara ha detto più o meno le stesse cose di sempre: ottima difesa supportata dal centrocampo molto più abile a difendere che a costruire, fatica nel prendere il dominio del gioco, lampi di luce grazie agli strappi di Elia, molta paura nel primo tempo di giocare palla a terra.

La novità sta nell’utilizzo minimale in fase di costruzione dal basso del portiere Minelli, ritenuto evidentemente da Caserta meno abile di Fulignati nel gioco con i piedi.

Minelli ha comunque fatto degnamente il suo (anche se c’è da dire che gli altoatesini non hanno mai tirato in porta), dimostrando forse che l’unica lacuna vera sta nell’attaccante centrale.

Ma questo non deve omettere i meriti dei vari Angella, Monaco (Sgarbi altro ottimo elemento) che hanno dimostrato ancora una volta come il reparto difensivo (specialmente nei centrali) sia il migliore della squadra.

Fabio Orlandi