Brignoli: “Grifo, che bei ricordi. A Benevento puoi fare bene”

1166
Il portiere di Benevento e Perugia:

Il portiere lombardo ripercorre il suo passato in biancorosso e fa le carte al match del “Vigorito”

 

Torna, come di consueto, la nostra rubrica “doppio ex”. In vista della sfida di domenica tra Benevento e Perugia, il protagonista di questa settimana è un giocatore che ha vestito la maglia del Grifo per soli 6 mesi (stagione 2017/2018), ma riuscendo comunque a lasciare il segno: Alberto Brignoli.

Hai difeso la porta di uno dei Perugia più forti del recente passato, nonché sei uno dei migliori portieri che ha vestito la maglia biancorossa negli ultimi anni. Hai giocato con gente come Brighi, Di Carmine, Dezi, Mancini… Che ricordo hai di Perugia? 

“Ho un bellissimo ricordo. Sono stato a Perugia per poco tempo, ma è come se fossi stato lì da sempre. Dopo soli tre giorni già mi sentivo a casa. Sono stato molto fortunato, perché si era creato un gruppo straordinario e questo si vedeva soprattutto in campo. Anche i più giovani e le riserve hanno sostenuto e aiutato sempre la squadra”.

In panchina c’era Christian Bucchi, un altro ex Grifone che poi hai ritrovato nel corso del tuo primo anno ad Empoli.

“Mister Bucchi è una grande persona oltre ad essere un grandissimo allenatore. Lui è stato fondamentale per me e per la mia carriera. Mi ha messo nelle migliori condizioni per poter lavorare e crescere, in un periodo, tra l’altro, molto difficile per me: era un anno e mezzo che, tra Sampdoria e Leganés, non giocavo con continuità e facevo molta fatica. Abbiamo un bellissimo rapporto che è rimasto pure a distanza di anni, e questo vale anche per gli altri compagni di Perugia. Per fare un esempio, anche questa estate abbiamo pranzato insieme con Mister Bucchi, Brighi e Dezi. Nel calcio, ti assicuro, questo non è affatto scontato. L’arma di quel Perugia era proprio l’unione del gruppo”.

Al tuo arrivo qualche tifoso aveva un po’ storto la bocca per il tuo trascorso alla Ternana. Però nel derby (tra l’altro vinto dal Grifo) hai fatto una parata tanto bella quanto decisiva. Hai sentito pressione in tal senso?

“No, alla fine ho moltissimi amici sia a Terni che a Perugia e il mio passaggio al Grifo è stata solo un’occasione in più per i ragazzi ternani per prendermi in giro e per scherzarci su. L’ho sempre vissuta così: è il mio lavoro, sono un professionista e non ho mai mancato di rispetto a nessuno. Ho sempre cercato di fare del mio meglio e di dare il massimo, dopo lascio parlare il campo. Questo è sempre il mio obiettivo, in ogni piazza”.

A Perugia sei riuscito a far parlare il campo: grazie alle tue parate in quella stagione il Grifo ha raggiunto i play off e, forse, quello è stato uno dei migliori campionati del recente passato biancorosso. Sicuramente, quello in cui si è andati più vicini a conquistare la serie A.

“Il play-off contro il Benevento è un grandissimo rimpianto. Forse, dopo Palermo, il più grande della mia carriera. Avevamo un gruppo incredibile, guidato da un allenatore forte e, se avessimo superato la semifinale, molto probabilmente avremmo conquistato la serie A. La rosa era giovane e abbiamo sentito un po’ la sfida di ritorno: dopo aver perso al “Vigorito” avevamo timore di subire gol e che la partita si chiudesse subito. Ti dirò di più: se fossimo andati in serie A, sarebbero cambiate tante cose e tante carriere sarebbero sicuramente potute diventare ancora più importanti”.

La carriera di alcuni sarebbe stata magari migliore, ma non la tua, visto che nel corso del campionato successivo, una volta passato al Benevento, è nata quella che potremmo definire la “favola di Alberto Brignoli”: primo punto in serie A dei sanniti, contro il Milan e con il gol del portiere.

“Quella è stata una giornata indimenticabile. Tuttavia, era un momento difficile per la squadra: avevamo fatto un solo punto in 13 giornate e, al di là dell’euforia momentanea, non c’era tempo di festeggiare. È stata una stagione molto difficile. Con l’arrivo di Mister De Zerbi le cose sono cambiate, ma il campionato era già compromesso”.

Cosa hai pensato quando hai visto arrivare quella palla?

“Sembra strano, ma ho immaginato tutto un secondo prima. Durante le sessioni di allenamento, è un movimento che noi portieri proviamo. Ho immaginato tutto così: classica palla calciata forte in area, “spizzata” sul palo lontano e rete che si gonfia. Sono gol che i portieri subiscono. Anche io ne ho presi di simili”.

Tutti gli anni da quando sei andato via da Perugia, ad ogni sessione di mercato si è parlato di un tuo ritorno. C’è mai stato qualcosa di concreto o sono state solo chiacchiere?

“C’è sempre stata stima reciproca da ambo le parti. La possibilità di tornare c’è stata, ma non si è mai concretizzato nulla. Come già detto, sono stato benissimo nel capoluogo umbro, sia a livello umano che a livello calcistico, e sarei tornato molto volentieri. Perugia è una porta che rimane sempre aperta”.

Tornando alla tua carriera, dopo quella di Palermo, c’è stata l’esperienza di Empoli, piazza in cui sei stato 2 anni. E, proprio lo scorso anno, hai dominato il campionato di serie B. Che esperienza è stata? E che emozione è stata conquistare la massima serie, cosa che non ti era riuscita né a Palermo né a Perugia?

“È stata molto dura. Ma l’anno scorso si era creato qualcosa di straordinario: un grandissimo rispetto tra compagni, allenatore, staff e società. Non voglio parlare di incantesimo, perché quando si compiono queste imprese c’è sempre dietro un grandissimo lavoro. Però, il clima era incredibile. Eravamo la rosa più giovane del campionato, un allenatore nuovo e venivamo da un campionato dove c’era molta delusione. Abbiamo compiuto qualcosa di straordinario: vincere come abbiamo fatto era davvero impensabile”.

Empoli: "top player" che vanno, "top player" che arrivano. Hanno lasciato la Toscana Krunic, Bennacer, Zajc e Caputo, ma sono arrivate altre pedine di spessore. E quanti ex tra le fila degli azzurri...

Prima hai nominato Mister De Zerbi. Quest’anno, sebbene non nella stessa nazione, hai deciso di seguire le sue orme, trasferendoti in Grecia al Panathinaikos. Quali sono stati i motivi di questa tua scelta?

“Sarei rimasto in Italia, ma le cose cambiano. Mi si è presentata l’occasione di giocare in una squadra molto importante e che tutti gli anni punta a vincere il campionato greco. In più Atene è una città bellissima ed affascinante. Ho preso la palla al balzo e ho deciso di immergermi in questa avventura”.

Come ti stai trovando? Sicuramente avrai legato con l’altro italiano presente in rosa, Federico Macheda.

“Sono arrivato da sole tre settimane, però già mi sta piacendo molto come esperienza. Oltre a Macheda, ci sono tanti ragazzi spagnoli in squadra e quindi anche la lingua non è un problema. Poi il calcio diciamo ha un linguaggio unico e universale. C’è tanta voglia di fare bene e spero di disputare un ottimo campionato”.

Obiettivi?

“Sicuramente riportare il Panathinaikos in Europa e vincere qualche trofeo, ma è normale sia così. Facendo un paragone con l’Italia, per il suo blasone il Panathinaikos è accostabile alle nostre Inter, Milan o Roma e in squadre così devi puntare per forza a vincere. Ho notato che c’è molta attenzione da parte dei media ed è una piazza calda con un bel tifo e una società solida”.

Per concludere, torniamo a Benevento-Perugia di domenica. Che partita sarà?

“Sono due squadre forti, guidate da due buonissimi allenatori. Penso che sarà una sfida molto equilibrata: sono due formazioni attrezzate per fare un buon campionato. Il Perugia, anche se è neopromosso in serie B, non sarà mai considerato tale. L’obiettivo primario e dichiarato è la salvezza, ma sono sicuro che dietro c’è molta ambizione. Stesso discorso per il Benevento: con gli elementi che ha in rosa di certo punta ad un traguardo molto importante”.

Intervista a cura di Michele Mencaroni