L’ex centrocampista di Ascoli e Grifo: “Coi bianconeri primo approccio alla B, a Pian di Massiano esploso grazie a Camplone. Matos? Ha potenzialità incredibili”
Dopo una breve sosta, in occasione di Ascoli-Perugia, torna la nostra rubrica “doppio ex”.
Per la sfida del “Del Duca” abbiamo deciso di intervistare un giocatore che nella stagione della rinascita del Grifo (2014/2015), è stato il faro del centrocampo del Grifo: Marco Ezio Fossati.
Sei uno dei doppi ex di giornata anche se hai giocato in entrambe le piazze per una sola stagione. Che ricordi hai?
“Ho vissuto le due esperienze in due periodi differenti della mia carriera. Ascoli è stato il mio primo anno di serie B, in cui mi sono confrontato con un calcio più duro (venivo dalla serie C). A Perugia, invece, è stato il campionato del mio cambiamento: in maglia biancorossa sono ‘esploso’ ed ho disputato una buona stagione che mi ha permesso veramente di consacrarmi. A Perugia, grazie soprattutto a Mister Camplone, sono riuscito ad emergere e a completare il mio percorso di crescita”.
Il gioco di Camplone, molto offensivo, ti ha aiutato?
“Assolutamente sì. Ma a fare la differenza è stato il bellissimo rapporto dal punto di vista umano che si è instaurato tra di noi. Vedevo e percepivo che Mister Camplone aveva tanta stima in me. Addirittura, mi ha dato la fascia di capitano in assenza di Comotto. Un rapporto genuino, sincero e di fiducia reciproca e, in campo, questo mi faceva sempre dare il meglio: quando avverti la fiducia dell’allenatore riesci sempre a dare il 100%”.
Un’ annata, quella di Perugia, molto bella. Forse, quella era una delle rose del recente passato tra le più competitive. Insieme a te c’erano Verre, Taddei, Giacomazzi… Che ricordi hai?
“Partendo dalla piazza e dal tifo, sono rimasto davvero stupito: il calore che i tifosi trasmettono quando si gioca al Curi è qualcosa di davvero emozionante. Una piazza che vive di calcio e che ti riesce a trasmettere tutta la sua passione e l’amore per la maglia biancorossa. Ho dei ricordi molto belli, tant’è che mi sarebbe piaciuto molto tornare, ma purtroppo non ci sono mai state possibilità concrete. In quella stagione la società si era mossa veramente bene: la squadra era competitiva con giovani importanti e ricercati come Verre e Goldaniga. In più si era creata un’ottima sintonia anche tra noi e la dirigenza. Purtroppo, e lo dico con grande rammarico, l’annata è culminata in modo incredibile con quell’assurdo play off contro il Pescara”.
Dopo Perugia, Cagliari. Qui hai trovato una squadra con elementi davvero importanti. Penso a Joao Pedro e Barella. E non erano gli unici.
“Arrivare a Cagliari, sapendo già dall’estate che avremmo combattuto per andare in serie A, era motivo di grandissimo orgoglio per me. E tutto ciò è stato possibile grazie all’esperienza di Perugia. Quando sono stato acquistato, il Direttore Sportivo mi ha detto ‘abbiamo preso il migliore in quel ruolo della passata stagione’. In rosa, oltre a quelli da te citati, c’erano anche Storari, Ceppitelli, Farias e Dessena. Tutti giocatori pazzeschi e così abbiamo dominato il campionato”.
In Sardegna, hai giocato anche con Melchiorri.
“Prima di essere un giocatore incredibile, Federico è una persona straordinaria. Non ci sentiamo spesso, ma sono comunque molto affezionato a lui per la bella persona che è”.
Dopo Cagliari, Verona. Questa è stata, probabilmente, la tappa più importante della tua carriera: altro campionato vinto ed esordio in serie A all’Olimpico di Roma.
“Dopo la buona stagione di Perugia e dopo il campionato vinto a Cagliari, anche il Verona ha deciso di puntare su di me per vincere il campionato di B. A Verona sono stato due anni e mezzo, nel corso dei quali sono riuscito a coronare il mio sogno di debuttare in serie A. È, quindi, inevitabile che Verona resterà sempre nel mio cuore. Mi ritengo fortunato perché, fino a questo punto della mia carriera, ho dei bellissimi ricordi di tutte le piazze in cui ho giocato: ogni città, ogni squadra, ogni società mi ha lasciato sempre qualcosa”.
Sempre rimanendo a Verona, hai giocato con un giovanissimo Kean, ma anche con un altro attaccante che ora, piano piano, si sta prendendo sulle spalle l’attacco del Grifo: Matos.
“È un ottimo giocatore. Quando il Perugia lo ha acquistato ad inizio campionato, un mio amico perugino mi ha scritto per chiedermi chiedermi informazioni sul suo conto. Gli ho risposto che ha delle potenzialità incredibili e che può essere tranquillamente l’elemento della rosa che fa fare il salto di qualità a tutta la squadra. Lo ricordo come un giocatore molto forte che ha qualità, corsa e tecnica. A Verona mi aveva impressionato”.
Arriviamo al presente. Ora hai fatto una scelta di vita cambiando paese e trasferendoti in Croazia. Hai firmato un contratto con un club importante come l’Hajduk Spalato. Come è nata questa scelta?
“Ero a Monza e, a gennaio 2021, la società ha acquistato un altro giocatore nel mio ruolo, comunicandomi che ero in uscita. In Italia non si sono create le condizioni per trovare un accordo con nessuna società, ma è arrivata la chiamata dall’Hajduk, allenata in quel periodo da un tecnico italiano: Paolo Tramezzani. Dopo una telefonata con il Mister, ci ho impiegato soli 5 minuti a scegliere. Mi ha convito subito, anche se non nascondo che non avendo mai giocato all’estero ero un po’ preoccupato. Sapere, però, che c’era un allenatore italiano è stato molto importante: mi ha aiutato con la lingua ad inserirmi. Poi la scelta mentalmente mi stuzzicava tanto anche per il blasone del club. Attualmente mi trovo molto bene e ritengo che, nei miei primi quattro mesi, ho espresso il miglior calcio della mia carriera a livello tecnico. Con il tempo mi sono anche innamorato della piazza: il pubblico è caldissimo. Ora abbiamo un obiettivo davvero importante che è quello di vincere il campionato dopo 15 anni, cosa che, tra l’altro, ci permetterebbe di conquistare l’accesso ai preliminari di Champions League. Lottare per qualcosa di così importante è una cosa che mi riempie di orgoglio visto che, fino ad ora, non ho mai combattuto per una competizione così importante. Voglio giocarmi questa opportunità al meglio e fino all’ultimo secondo”.
Che campionato è quello croato?
“È un campionato spaccato in due. Delle 10 squadre che giocano nella massima serie, le prime 4/5 valgono tranquillamente una nostra sere A, mentre le restanti hanno un livello abbastanza inferiore e possono essere paragonate ad una nostra serie B. Infatti il campionato termina sempre con circa 20 punti di distacco tra la prima e la quinta. Questa stagione è apertissima: siamo in 4 a lottare per il titolo. È un calcio con poca tattica rispetto a quello italiano, ma c’è comunque molta aggressività e pressione. Da non sottovalutare il fatto che ci sono tanti giovani giocatori croati di grande qualità”.
Intervista di Michele Mencaroni
Si ringrazia l’ufficio stampa dell’Hajduk Spalato