Gattuso Story: cronaca di un “cerchio” che si chiude

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    Per capire meglio il significato speciale che questo Pisa-Perugia possa avere per l’attuale allenatore dei toscani, dobbiamo fare un passo indietro, precisamente il 9 gennaio 1978, quando a Corigliano Calabro nasce Gennaro Ivan Gattuso. Forse non è proprio la storia calcistica che tutti ci si aspetterebbe di ascoltare, ovvero quella del classico bomber che si fa spazio gol dopo gol, ma se siamo al cospetto di un campione del mondo e d’Europa, probabilmente è una storia che merita assolutamente di essere raccontata. Gennaro Gattuso, come dicevamo, vanta un rapporto particolare con la città di Perugia: la sua avventura nel mondo del pallone inizia proprio nel capoluogo umbro, approdando alla corte del vulcanico presidente Luciano Gaucci, dopo essere stato scartato a seguito di un provino con il Bologna. Seguendo le orme di papà Franco, calciatore di Serie D, arriva a Perugia all’età di dodici anni e viene aggregato nelle giovanili dove fa tutta la trafila prima di arrivare in prima squadra. L’ex Grifone degli anni ’70 e 80 Mauro Amenta, è stato tra i primi ad intravedere il suo vero punto di forza, ovvero non tanto la bontà del piede quanto la cattiveria di andare a lottare su ogni pallone. Amenta, toscano di Orbetello e attualmente vicino alle sorti del Pisa del suo ex allievo, ha avuto modo di allenare Gattuso prima al timone della Primavera del Grifo tra il 1992 ed il 1993, poi in qualità di vice di Giovanni Galeone in prima squadra nelle memorabili stagioni 95/96 e 96/97. A distanza di qualche buon anno, del giovane Gattuso dice:

    “Era un ragazzo splendido e a volte bonariamente testardo che non si accontentava mai di vincere la singola partita: ambiva sempre a traguardi molto più importanti. La voglia di emergere e la grandissima grinta sportiva, gli hanno permesso di ovviare a qualche limite tecnico. Spesso scherzavo con lui sul fatto che avesse dei piedi poco educati, poi però quando andava in campo mordeva le caviglie a tutti gli avversari correndo per 90 minuti ed oltre. L’animo del guerriero gli ha poi permesso di fare quell’importantissima carriera che fa di lui un campione eterno. Posso dirmi onorato di averlo allenato da ragazzo e di averlo visto esordire in prima squadra all’età di 18 anni.”

    Gennaro infatti, dopo aver conquistato due Scudetti con la Primavera biancorossa nel 1995 (miglior giocatore del torneo) e nel 1996, guadagna 10 presenze con la squadra di Galeone. Nel 1997, a seguito dell’immediata retrocessione in B del Perugia, Gennaro decide di andare all’estero, precisamente al Glasgow Rangers, dove in un anno diventa protagonista assoluto della formazione scozzese. Qui riesce a maturare ulteriormente in un campionato molto duro e ad esordire in Coppa UEFA al fianco di numerosi campioni che gli scozzesi potevano annoverare. I tifosi del Rangers lo eleggono subito a beniamino affibbiandogli il soprannome di “Braveheart” (Cuore impavido, derivante dal titolo dell’omonimo film colossal di Mel Gibson). Nella stagione 98/99, dopo alcuni dissidi con il tecnico Dick Advocaat (chiamato a sostituire Walter Smith, che Gattuso reputava come un padre), il centrocampista decide di fare ritorno in Italia, precisamente alla Salernitana prima del gran salto nello stellare Milan di Berlusconi. Dopo essersi fatto apprezzare anche in Campania sia fuori che dentro il campo, per lui si aprono le porte dei rossoneri: a questo punto della narrazione, la storia è ben nota a tutti. Guadagnandosi l’appellativo di “Ringhio”, al Milan vince un po’ tutto: due Champions League, due Super Coppe Uefa, un mondiale per club, una Coppa Italia, due Scudetti e due Super Coppe italiane. Inutile ricordare che è uno dei 23 eroi della fantastica spedizione azzurra ai mondiali di Berlino 2006. Non sono però mancati i momenti difficili: Il 7 dicembre 2008, nel corso della partita contro il Catania, si è infortuna riportando una lesione al legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Lui è rimasto comunque in campo per tutti i 90 minuti di gioco dando prova dell’atleta indistruttibile qual è. Il 9 settembre 2011, nel corso della seconda giornata di campionato che vede il Milan confrontarsi contro la Lazio, Gattuso è costretto ad abbandonare il campo a causa di problemi alla vista: gli viene riscontrata una paralisi del sesto nervo cranico, a causa della quale ha dovuto sospendere l’attività agonistica prima di tornare in campo a circa sei mesi di distanza riuscendo a risolvere il problema oculare. La sua avventura a Milano termina nello stesso anno. Si trasferisce così al Sion, in Svizzera, dove in un anno si guadagna il particolare ruolo di giocatore/allenatore. Al termine della stagione 2012/2013 appende definitivamente le scarpette al chiodo e si dedica anima e corpo alla carriera di tecnico, anche se l’inizio di questa nuova “vita” non è dei migliori: viene esonerato dalla guida del Palermo alla sua prima esperienza in Serie B. Fa esperienza all’estero anche in questo caso dove tra il 2014 ed il 2015 guida i greci dell’ OFI Creta (memorabile una sua intervista-sfogo durante la sua militanza greca). Ecco che ora arriviamo al punto dove volevamo soffermarci, l’esperienza a Pisa. Il 22 agosto 2015 firma un contratto biennale con i toscani che militano in Lega Pro: il 12 giugno 2016 ottiene la promozione in Serie B battendo in finale play-off il Foggia, divenendo eroe di una piazza bisognosa di un calcio più importante rispetto alla terza serie. Segue poi però la brutta vicenda societaria pisana che tutt’ora non ha trovato un lieto fine. Gattuso si dimette così in estate, salvo poi tornare al timone dei nerazzurri il 1 settembre dopo la prima giornata di campionato. Sabato, incontrando quel Perugia dove per “Rino” tutto ebbe inizio, potrebbe chiudersi un cerchio importante della sua vita sportiva. Per Gattuso il Perugia non potrà certo essere un avversario come un altro, ma per 90 minuti la professione gli impone di portare il Pisa alla vittoria. Da perugini ci auguriamo che la sua squadra possa tornare a vincere dal prossimo match, ma da intellettuali sportivi non possiamo che riconoscere il miracolo che quest’uomo sta compiendo: garantire una stagione più che dignitosa alla piazza pisana, nonostante stipendi che tardino ad arrivare e a varie problematiche inerenti alla pessima situazione societaria. Insomma, la morale di questa storia, se proprio vogliamo coglierla, è che nella vita, con la giusta dose di grinta e temperamento, si può emergere in qualsiasi campo. Pazienza se poi “Rino” Gattuso sia un allenatore dai metodi forse qualche volta un po’ bruschi: se all’indirizzo dei suoi ragazzi dovesse arrivare qualche forte tirata d’orecchie o qualche “amichevole” scappellotto, i giocatori se ne faranno una ragione, consapevoli di avere il privilegio di essere allievi di un Campione del mondo.

    Nicolò Brillo