Grifo sempre più nel segno della discontinuità

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Alvini responsabile del k.o. di Como, ma non è tutta colpa sua. Classifica non più così rassicurante, ora la sosta è benedetta

Alvini responsabile del k.o. di Como, ma non è tutta colpa sua. Classifica non più così rassicurante, ora la sosta è benedetta

 

Lo speaker dello stadio di Como affermava ieri che il “Sinigaglia” è lo stadio più bello d’Italia, certamente non per la struttura, decisamente bruttina, ma sicuramente per l’ubicazione, incastonato com’è in riva al magnifico lago omonimo, anche ieri sorvolato da idrovolanti in atterraggio e sotto le magnifiche, verdissime, ripide colline che sembrano tuffarsi nell’acqua e che separano l’ultimo lembo d’Italia dalla Svizzera.

Uno scenario sublime quello che si può ammirare dal “Sinigaglia” che, evidentemente, ha talmente ipnotizzato i grifoni al punto da renderli imbambolati mentre il Como segnava ben quattro reti in soli ventotto minuti di gioco.

Il gol della bandiera di De Luca ad inizio ripresa, ha poi soltanto limato quella che, alla fine, si è evidenziata come una vergognosa disfatta della squadra di mister Alvini, rimasta in partita solo nei primi cinque minuti iniziali dei due tempi, nei quali ha colto una traversa con Sgarbi nel primo e segnato il gol nel secondo.

Per il resto è rimasta colpevolmente in balia dell’avversario per tutto il primo tempo, con il Como che nella ripresa, dopo il gol subito, ha ben gestito il largo vantaggio, controllando le sterili iniziative dei grifoni e sfiorando in un paio di circostanze il cinque a uno.

Un clamoroso tonfo all’indietro quello del Perugia a soli cinque giorni di distanza dalla vittoria di Ferrara, bella ma anche fortunata negli episodi favorevoli, nel segno della discontinuità che sta diventando la costante di questo primo terzo di campionato.

La vittoria di Pordenone, con la susseguente sconfitta subita in casa con l’Ascoli, la vittoria di Cremona, seguita dall’immediato pari casalingo con l’Alessandria, la vittoria di Ferrara, successiva allo scivolone interno con la Reggina e antecedente alla disfatta di ieri e il balbettante andamento casalingo, opposto, fino a ieri, a quello in trasferta, ne sono la dimostrazione.

E di questa discontinuità ne comincia a risentire anche la classifica del Perugia, ancora discreta, ma non più tanto rassicurante, con i grifoni, adesso fuori dalla zona preliminare, scivolati tra la decima e la tredicesima posizione, quale la sapremo precisamente stasera dopo le gare di Monza, Parma e Cittadella, con il vantaggio sulle due quintultime, Spal e Cosenza, assottigliatosi a solo tre lunghezze, proprio quelle conquistate nella prima giornata a Lignano Sabbiadoro contro la cenerentola Pordenone delle disastrate gestioni Paci-Rastelli, senza le quali, il cammino del Perugia dalla seconda giornata ad oggi sarebbe da playout.

Le ragioni della disfatta di Como sono molteplici e coinvolgono tutti, ma in particolare Alvini, che continua imperterrito a riproporre un inguardabile Kouan nel ruolo di falso trequartista, invece di giocare a tre in mezzo retrocedendo l’ivoriano a mezzala.

Eviterebbe così anche a Segre le brutte figure come quella di ieri perché la forza dell’ex del Chievo, lo sanno anche i sassi, è sempre emersa in passato in un centrocampo a tre.

Quanto agli esterni, Alvini, in assenza di Lisi, continua a schierare titolare un Ferrarini inguardabile, costringendo Falzerano a giocare fuori ruolo a sinistra, invece di avere il coraggio di schierare dall’inizio il giovane, promettente Righetti sulla fascia sinistra, lasciando l’ex Gubbio a destra.

Nel disastro di ieri è stata certamente coinvolta anche la difesa, orfana, purtroppo, ieri del suo grande faro Angella. Un’assenza pesantissima, quella del capitano, contro una squadra che schierava un attaccante di categoria molto forte, l’ispiratissimo Cerri che, come accadeva a Perugia con Di Carmine, è bravo anche a far risaltare le doti del suo compagno di reparto, in questo caso La Gumina, con mister Gattuso che, nel suo quattro, quattro due, schierava due esterni alti, bravi e molto rapidi, come Parigini e Chajia.

Già, il quattro-quattro-due di Gattuso, modulo che, come accaduto con quello di Aglietti e la sua Reggina, mette in serie ambasce il canonico tre-quattro-uno-due dell’integralista Alvini, dimostrando come i moduli non siano numeri dei prefissi telefonici come il tecnico di Fucecchio ha ironicamente e, a nostro parere, incautamente, affermato nella conferenza stampa di venerdì.

C’è poi da considerare la sterilità dell’attacco, bel gol a parte di De Luca, per il resto della gara apparso impalpabile o in ritardo, di testa, sui cross, lui che è alto oltre il metro e novanta.

Continua, purtroppo, il lungo digiuno di Matos, seconda punta alla decima presenza senza uno straccio di segnatura.

E qui le responsabilità sono tutte della società che, in sede di campagna acquisti, ha puntato sul brasiliano che, tranne ad Empoli, ma lì, scusate se ci ripetiamo, aveva un grande tecnico come Dionisi ad allenarlo, ha sempre avuto un cattivo rapporto con il gol, al pari della prima punta De Luca che, comunque, finora, i suoi quattro gol, anche se la metà su rigore, li ha fatti.

L’inspiegabile ostracismo tecnico-societario nei confronti di Bianchimano e Sounas e lo scambio Murgia-Melchiorri, finora “a perdere”, vista la misteriosa, pressoché totale assenza dell’ex spallino dal terreno di gioco se non per una ventina minuti in tutto da subentrato in un paio di spezzoni e il bel gol segnato ieri a Cremona dal cigno di Treia, che si è giustamente guadagnato da un paio di partite un posto da titolare nella Spal, fanno da corollario al quadro negativo.

Mai come stavolta, la sosta di questa prossima settimana è benedetta. E’ necessario che mister Alvini e i suoi ragazzi, ma anche la società, invece di resettare in fretta questa imbarcata, ne approfittino per analizzarla attentamente e a lungo prima di iniziare a pensare al doppio turno casalingo contro Crotone e Cittadella in arrivo alla ripresa del campionato.

Danilo Tedeschini