50 anni del Curi, il racconto di Francesco Ghini

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Quello tra la famiglia Ghini e l’impianto sportivo di Pian di Massiano, poi diventato Renato Curi, è un rapporto viscerale, una sorta di padre e figlio. Del resto la storia racconta come il Cavalier Spartaco fu tra i primi a credere e a chiedere uno stadio nuovo per la città. Erano già i primi mesi del 1975 e la serie A ancora era un sogno.

“Mio papà e Franco D’Attoma – racconta Francesco Ghini, figlio del compianto Cavaliere – hanno iniziato a pensare allo stadio già a febbraio. Ricordo i primi incontri con il vice sindaco, Ing. Ciuffini e la determinazione nella richiesta: ‘lo dobbiamo fare perché tanto andremo in serie A’. Un vero e proprio azzardo imprenditoriale, perché la Sicel iniziò a produrre molto prima tutti i materiali necessari e come tutti sanno i lavori sono iniziati solo dopo la vittoria del campionato”.

Nel 1975 Francesco era uno studente all’ultimo anno di Liceo Classico e pronto a confrontarsi con la maturità.

“Ricordo quell’estate per il grande impegno profuso da mio padre. Era tutti i giorni a Pian di Massiano. Io l’ho vissuto un po’ più distaccato, anche se c’è un episodio forte che mi lega a quel periodo. Era giugno e dopo la prima prova di esame (italiano), stavo tornando a casa verso Ferro di Cavallo: all’altezza dove oggi ci sono i campi da basket, fui distratto dai grandi piloni rossi che stavano per essere installati. Dall’altra parte sopraggiungeva un camion della ditta Gradassi che trasportava del materiale proprio per lo stadio. Il camionista suonò per evitare l’impatto, ci riuscii ma entrambi finimmo fuori strada illesi. Io riportai un problema all’occhio e il giorno dopo la prova di latino non andò bene. Poi mi sono rifatto agli orali”.

Il nuovo stadio di Perugia chiaramente è legato all’azienda di famiglia.

“La Sicel all’epoca lavorò a prezzo di costo. E’ giusto tuttavia ricordare lo sforzo che fecero altri imprenditori dell’epoca: il già citato Gradassi, Carini, Libro cemento, l’Alfa, Mannocchi e Spinelli e Brocani. Non voglio dimenticare anche i tecnici del comune, l’ingegner della Sicel Morettini e il progettista Corradi. Uno stadio nato per durare dieci anni e che invece ancora oggi, a 50, è uno dei più funzionali per assistere ad una partita di calcio. Nel tempo, quando si è parlato di una sua totale ristrutturazione, ho sempre avuto un parere negativo. Concordo con il lavoro che negli ultimi anni ha fatto il Comune di Perugia, ovvero l’idea di riqualificarlo, lasciando i suoi tratti caratteristici. Mio padre, fintanto che è rimasto in vita, ha sempre detto: ‘un nuovo Curi? Bisogna farne un altro lontano da Pian di Massiano”.

A distanza di 50 anni esatti dalla sua inaugurazione, Francesco Ghini ricorda quella giornata. Perugia – Milan non è stata una partita qualunque.

“Io ero emozionato, mio padre invece era piuttosto amareggiato. Erano già iniziati i dissidi con D’Attoma che da lì a poco avrebbero portato alla separazione. Rimasi io come consigliere della società, forse uno dei dirigenti più giovani del calcio italiano, credo ancora oggi”.

La famiglia Ghini e il Perugia hanno comunque proseguito il loro rapporto.

“Io sono stato amministratore delegato con D’Attoma e poi vice presidente con Agroppi allenatore, quando a metà anni ’80 sfiorammo la promozione in A. Chiaramente era rientrato in prima linea anche mio padre. I problemi con D’Attoma? Papà non vedeva di buon occhio tanti soggetti che erano, ai tempi, saliti sul carro dei vincitori. Non riusciva ad essere diplomatico, poi con il trascorrere degli anni si rese conto che non ne valeva la pena”.

Il Cavaliere ha fatto tanto per il Perugia e il suo nome non può essere solo legato alla nascita del nuovo stadio.

“Oggi è quello che per molti rimane, ma papà ha amato il Perugia pur non essendo un grande appassionato di calcio. Deve tutto ad Adriano Spinelli che alla fine degli anni ’60 lo coinvolse. Poi le tante risorse che ha investito, fino all’ultimo, evitando il fallimento. La sua è una storia che meriterebbe di essere riletta”.

Francesco Ghini, chiude, parlando del Perugia di oggi.

“E’ difficile dare giudizi. Provo solo tanta tristezza quando vedo il Curi con gli spalti vuoti e duemilacinquecento spettatori. Spero in tempi migliori”.