Cosa sta succedendo al Perugia? Sono in tanti a chiederselo, purtroppo da diverso tempo. Ed è davvero difficile dare delle risposte, anche per chi quotidianamente segue le vicende di Pian di Massiano. Con Cangelosi la stagione non era iniziata benissimo. Il tecnico siciliano dava la sensazione di non riuscire a trovare il ‘bandolo della matassa’. Un uomo perbene e un valido professionista, che forse si è trovato nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Quando è arrivato Braglia, in tanti hanno avuto la sensazione di aver individuato la cura. Allenatore esperto e vincente: la figura giusta per dare una scossa e rilanciare il Grifo. La realtà, purtroppo, è un’altra e anche con Braglia il Perugia non ha dato segnali di risveglio. Anzi, i risultati sono peggiorati, così come le prestazioni. Non ce ne vorrà il tecnico toscano, ma a distanza di qualche ora si fa fatica a capire cosa lo ha spinto a mandare in campo una formazione come quella vista al ‘Cabassi’. I giovani Giardino e Rondolini non hanno reso come il tecnico si aspettava e la sconfitta maturata già nel primo tempo è stato un chiaro segnale di come certe scelte non hanno pagato. Pur continuando a confidare nella professionalità e nelle abilità di Braglia, è giusto sottolineare che forse l’approccio del tecnico deve essere un po’ più mite e volto maggiormente alla rivalutazione di alcuni elementi che, prestazioni recenti a parte, restano l’unica ancora di salvezza per rialzare il Perugia. Con gennaio ancora lontano, è necessario ridare fiducia e provare ad ottenere il meglio da Montevago, Ogunseye, Matos e Joselito, tanto per citare degli esempi. Escluderli e, in alcuni casi, preferirgli dei giovani bravi ma ancora inesperti, potrebbe incidere ulteriormente su quella autostima di cui sono sembrati carenti. Così come necessita di qualche approfondimento in più la questione ‘capitano’. Al di là di chi è stata la decisione, è importante che l’allenatore e soprattutto il direttore sportivo facciano in modo che lo spogliatoio e alcuni ‘senatori’ possano prendere con maggiore serenità la decisione. Non si tratta di dare degli alibi alla squadra. In questa fase è necessario fare tutti un passo indietro per capire che (ok i curriculum, i contratti o le presenze) c’è un bene, quello per il Perugia, che resta sopra a tutto. Anche all’orgoglio personale. E qui entra in gioco Mauro Meluso, di cui potremmo dire le stesse cose di Braglia: professionalità al top e tanti risultati a suo favore. A distanza di un anno, tuttavia, il bilancio del suo operato a Perugia non può essere considerato positivo. Da lui era lecito attendersi di più in chiave mercato. Il valore aggiunto, in tema di sostenibilità, poteva e doveva arrivare da alcune cessioni o dalla conclusione di rapporti economici pesanti per una squadra di terza serie. Meluso ha ricevuto la stima di Faroni con un contratto importante e di una buona durata, di cui non può diventare schiavo né lo stesso dirigente, né il Perugia. Chi sta nel calcio sa che la serie C è un vuoto a perdere. Perugia, poi, merita di rivedere un po’ di luce dopo anni difficili. Umiltà e massima coesione, per evitare quello che nella storia del Grifo (sul campo) non è mai successo.





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