La Serie B a 19 squadre è una lotta di potere

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L'ennesima

La Serie B a 19 squadre è una lotta di potere. Il calcio italiano continua a perdere di credibilità tra prese di posizione, mancati scioperi, interpretazioni normative e ricorsi. I soldi e le poltrone alla base dell’ennesima figuraccia del pallone nostrano

 

Nei giorni in cui l’Italia calcistica ha celebrato l’esordio nel massimo campionato del giocatore, attualmente, più forte del mondo e parte di essa si è fermata (forse sarebbe stato meglio tutta) per onorare le vittime di Genova, c’è una vicenda che sta assumendo i connotati dell’assurdo, che rischia ulteriormente di minare la credibilità del movimento ‘pallonaro’ nostrano. Perché il campionato di serie B è stato organizzato a 19 squadre, anziché a 22? La risposta non è difficile e uno dei principali motivi non è neppure tra i più nobili. L’assenza di ben tre squadre dalla griglia di partenza del torneo cadetto, consentirà alle società iscritte, guarda caso tutte belle compatte, di usufruire di una contribuzione annuale maggiore di 700 mila euro. Questo senza contare i 3,5 milioni di euro spettanti al Foggia, che i tribunali competenti stanno decidendo se restituire alla Lega di B o al club. I soldi e la gestione del potere, in sostanza, continuano a farla da padrone, tanto da non curarsi nemmeno dell’aver creato un campionato “dispari”, che anche i bambini delle scuole calcio faticano a sopportare.

Le vicende economico sportive di Cesena, Avellino e Bari, hanno indotto il Presidente della Lega B, Mauro Balata, con il supporto in extremis del commissario straordinario FIGC, Roberto Fabbricini (difficile dimenticare il colpo di teatro il giorno dei calendari di B) di sospendere i ripescaggi, dando un’interpretazione del tutto soggettiva al regolamento federale, con le riammissioni ai campionati superiori che per alcune società si sono trasformate da ‘diritto/obbligo’ a ‘possibilità/negazione’.

Non a caso Ternana, Entella, Pro Vercelli, Siena, Novara e Catania, che si giocavano secondo i parametri federali i tre posti, si sono mosse attraverso dei ricorsi per salvaguardare i propri interessi e veder applicato un regolamento che non è stato cambiato, ma stranamente interpretato.

Nelle ultime ore la vicenda ha preso spazio (era ora!) anche tra i media nazionali accreditati (e non solo tra quelli che seguono direttamente le vicende delle squadre penalizzate), con i vari direttori delle testate che non l’hanno certo mandare a dire ai ‘padroni” della serie B. Balata & Co. hanno trovato il modo persino di creare una sorta di movimento antisindacale, con alcune società (ci sarebbero anche Perugia e Brescia) che avrebbero indotto i propri capitani a firmare un documento a garanzia del ‘regolare’ inizio del campionato in programma il 24 agosto, proprio con Perugia – Brescia.

Insomma la posizione di Damiano Tommasi, Presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, che invitava a rinviare l’inizio del campionato di due settimane, nell’attesa che il 7 settembre (ma sono in ferie?) si pronunci il Collegio di Garanzia del Coni sui ricorsi delle escluse, è stata completamente delegittimata tanto dalle società ma anche, paradossalmente, dagli stessi calciatori.

Aic-Lega B: botta e risposta fra Tommasi e Balata. L'ex romanista: "Campionato a 19 ci mette in difficoltà". Il numero uno della cadetteria: "La B parta per rispetto dei club"

Al grido “Il Campionato di serie B ci mette in difficoltà” dell’ex centrocampista della Roma è arrivata puntuale la risposta del Presidente Balata: “La B parta per rispetto dei club”, con il sostegno di alcuni presidenti, su tutti quello del Perugia, tra l’altro membro del consiglio di Lega: “Noi come club di B dobbiamo rispondere soltanto a Fabbricini e Balata e non ad altre leghe o associazioni”.

Salvo clamorosi e ormai non ipotizzabili cambiamenti lo scenario è completo: FIGC e Lega serie B hanno fatto un atto di forza e gli altri, AIC (che è passata dallo sciopero allo stato di agitazione) e le società in attesa di ripescaggio, sono appesi al Coni, con il dubbio concreto e giustificato che sia tutto un ‘gioco di potere’.

Senza dimenticare la serie C, dove la situazione è ancora più confusa, tra società che sperano nella B e altre che dalla serie D chiedono di essere ripescate.

Una situazione di incertezza generale (ma le squadre B delle società di serie A, Juventus a parte, che fine hanno fatto?) che produce, va ribadito, una pesante perdita delle già scarsa credibilità del calcio italiano.

C’è da chiedersi se è possibile che sia così grande l’incompetenza di chi governa il calcio a tutti i livelli. A partire dal Coni e dal suo Presidente Giovanni Malagò, che ha fatto ricadere le responsabilità del caos calcistico italiano su Tavecchio, approfittando dell’eliminazione della Nazionale dai mondiali in Russia per sostituirlo con il “suo” triunvirato, Uva, Fabbricini e Costacurta.

foto:messaggero.it

Oggi non si può fare a meno di registrare che ogni provvedimento preso dal nuovo fronte Malagò è stato impugnato e contestato per difetto di forma e di sostanza.

Inoltre, è necessario porre fine al connubio tra giustizia ordinaria e giustizia sportiva, un mix che non fa bene al calcio.

Come non sfugge che questa incredibile confusione e incertezza sui campionati è il frutto di una interminabile lotta, tra lobby, bande e cordate, per la “conquista” della Presidenza della FIGC. Il vero e unico obiettivo del fronte capitanato da Malagò.

Uno scontro che vede latitante la politica, a partire dal Governo e la complicità di molti organi di informazione.

Tanta confusione e al momento una sola certezza: l’ennesima sconfitta del calcio italiano, che vede sempre più lontana la possibilità di una sua, seria, riforma.

Stefano Vinti