L’espressione nel volto di Bitossi rivive in Alvini

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La delusione per il pari del Lecce paragonabile a quella del ciclista toscano al mondiale di Gap nel 1972. Grifo, così va bene. Adesso dieci gare a briglia sciolta

 

Massimiliano Alvini aveva soltanto due anni e mezzo quando Franco Bitossi, valoroso ciclista toscano, detto “cuore matto” per le bizze della sua tachicardia che a volte lo costringevano a fermarsi in corsa, nativo di Montelupo Fiorentino, ad un tiro di schioppo da  Fucecchio, patria di Alvini, è passato alla storia per il mondiale di Gap, in Francia, nell’Agosto del 1972.

Un mondiale che sembrava ormai meritatamente suo ed invece incredibilmente perso a favore dell’altro italiano, il grande velocista Marino Basso, che vanificò la sua epica impresa bruciando allo sprint, proprio sulla linea del traguardo, Bitossi e un manipolo di altri corridori.

Da grandi appassionati di ciclismo eravamo presenti a Gap, allora diciassettenni, posizionati a trenta metri dallo striscione finale e Bitossi ci passò due volte davanti, la prima quando con le ultime forze, ancora davanti a tutti, cercava di resistere annaspando sugli ultimi metri del lunghissimo rettilineo finale, tutto in leggera salita, alla periferia della cittadina prealpina francese, la seconda quando, subito dopo la gara, passò a piedi proprio davanti a noi con una faccia attonita, che non si può descrivere a parole, stravolto per la fatica fatta ma, soprattutto, per l’enorme delusione provata.

Le stessa espressione di Bitossi l’abbiamo rivista ieri, dopo cinquant’anni, dipinta sul viso del suo conterraneo d’Arno, Massimiliano Alvini, quando al novantesimo un rigore ingiusto ma sacrosanto, per un ingenuo ma netto fallo di mano di Santoro, ha vanificato, proprio sullo striscione del traguardo, il grande sogno della sua squadra di battere la prima in classifica, il Lecce, dopo aver giocato un grande secondo tempo in inferiorità numerica per la “solita”, penalizzante espulsione di Kouan.

Una gara dai due volti quella del Grifo, guardinga e per niente spettacolare nella prima frazione di gara, dove si limitava a controllare la temuta, ma ieri deludente, squadra salentina, entusiasmante  nella ripresa, quando in dieci contro undici tutti hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo, con determinazione e spirito di sacrificio, venendo premiati dal meritatissimo uno a zero siglato a metà tempo dall’ex al veleno Olivieri.

Un secondo tempo nettamente diverso da quello soffertissimo e finito male di Brescia perchè stavolta Alvini, probabilmente facendo tesoro dell’errore fatto al “Rigamonti” togliendo dal campo, uno dopo l’altro, tutti i giocatori offensivi, prima Olivieri, infortunato, poi D’Urso ed infine De  Luca e rintanandosi colpevolmente nella propria area, ha lasciato in campo sia Olivieri, sostituito da D’Urso quando l’ex leccese, il migliore in campo insieme ad Angella e Chichizola, aveva dato tutto, sia uno stoico De Luca, anche lui tra i migliori, uscito esausto a due minuti dal termine.

E il coraggio premia sempre perchè il Grifo è andato incredibilmente e meritatamente in vantaggio nel primo tempo, ha sfiorato il raddoppio con De Luca, Chichizola ha difeso con un paio di grandi interventi il vantaggio (e anche l’uno a uno finale) dai confusi assalti leccesi e solo l’ingenuità di Santoro al novantesimo, ha negato, purtroppo, una vittoria prestigiosa e strameritata al Perugia.

Quel coraggio mancato alla squadra di Alvini nel suo accidentato percorso casalingo del girone d’andata e tirato fuori, finalmente, dopo l’inopinata sconfitta casalinga contro la cenerentola Pordenone.

Chissà dove sarebbe adesso il Perugia se avesse affrontato con lo stesso piglio con il quale ha affrontato ultimamente in casa Frosinone, Benevento e Lecce, le gare perse al “Curi” col Pordenone e la Reggina e anche quelle pareggiate in casa contro le modeste Cosenza e Alessandria.

Per non parlare del secondo tempo troppo timido del derby, quando dopo il pari rossoverde, invece di continuare ad attaccare la difesa ternana, una vera banda del buco, alla luce dei cinque gol presi a Ferrara e dei tre presi ieri a Vicenza e non solo, si è preferito accontentarsi del pari.

Peccato perchè la squadra nel girone di ritorno, anche se tartassata da arbitraggi come quello di Miele a Brescia, adesso si sta esprimendo bene e la sconfitta casalinga col Pordenone deve aver fatto scattare qualcosa in positivo a mister Alvini.

L’importante è non ricadere nella poca propositività del girone d’andata, a cominciare dall’importantissimo match di sabato al “Granillo” contro una lanciatissima Reggina, seconda in classifica con sedici punti assieme al Lecce, dietro solo alla Cremonese, che di punti ne ha fatti diciotto, nella particolare classifica del girone di ritorno.

La squadra di mister Stellone vorrà vincere per agganciare i grifoni in classifica e coltivare la speranza di centrare il preliminare, anche se per i calabresi è in arrivo la tegola della penalizzazione di due punti per irregolarità amministrative.

Il Grifo ha tutte le carte in regola per fare risultato a Reggio e per continuare a credere nel preliminare, a patto che continui a giocare in maniera propositiva, non limitandosi solo a distruggere il gioco degli avversari. Mancano dieci gare, tutte da giocare a briglia sciolta!

Danilo Tedeschini