Grifo: cambiamenti gattopardeschi, la musica è la stessa

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Il club aggiorna i tifosi:

Grifo: cambiamenti gattopardeschi, la musica è la stessa. L’umiliante sconfitta di Mantova certifica l’inconsistenza della rivoluzione estiva. Santopadre: si faccia da parte, così non si può andare avanti

 

Correva l’anno 1967 e il vetusto stadio “Danilo Martelli” di Mantova fu il palcoscenico dell’ultima amara recita della Grande Inter del “mago” Helenio Herrera che, reduce dalla cocente sconfitta di Lisbona nella finale di Coppa dei Campioni, pochi giorni dopo perse anche lo scudetto all’ultima giornata contro la modesta ma battagliera squadra virgiliana allenata dal mister col colbacco Gustavo Giagnoni e tra le cui fila militava un giovanissimo Dino Zoff, a causa della clamorosa papera del leggendario portiere nerazzurro Giuliano Sarti su un innocuo tiro del centravanti virgiliano Beniamino Di Giacomo.

E ad oltre cinquantatre anni di distanza da quella storica partita il “Danilo Martelli” è stato teatro di una delle recite più vergognose della storia del Perugia, umiliato con un’inopinata quanto meritatissima sconfitta per cinque a uno dai padroni di casa del Mantova, matricola del torneo che nelle prime tre gare aveva totalizzato solo tre punti, segnato solo due reti e subendone cinque. Un’autentica “caporetto” per il Perugia che tocca probabilmente il punto più basso della gestione Santopadre, punto che pensavamo fosse stato già ignobilmente toccato con la vergognosa retrocessione di meno di due mesi fa.

Una squadra allo sbando fin dall’approccio della gara quella biancorossa, sotto di due gol dopo soli sei minuti, incapace di reagire e travolta nella ripresa dalla formazione virgiliana, dopo che alla mezzora l’uomo più esperto, il metronomo del centrocampo, Salvatore Burrai, si era fatto colpevolmente espellere per una lampante quanto inutile spinta a gioco fermo che determinava la giusta, seconda ammonizione. E nel naufragio di Mantova non si è salvato nessuno, neanche il tecnico Fabio Caserta, che non riesce a trovare la quadra per il suo tipo di gioco, non potendo pescare dalla rosa giocatori adatti a ricoprire alcuni ruoli per attuare al meglio il suo credo, come un esterno destro d’attacco, un centrocampista fisico capace d’inserirsi e un difensore centrale all’altezza.

Dopo la sconfitta casalinga col Cesena avevamo lanciato l’allarme sottolineando come la vittoria risicata di Arezzo fosse risultata illusoria e per certi versi dannosa nei giudizi perchè ottenuta contro una squadra debolissima, chi mastica calcio da una vita non poteva non essersene accorto e i risultati della squadra amaranto, battuta ieri in casa per tre a zero dalla tutt’altro che trascendentale Virtus Vecomp Verona, e la sua asfittica classifica, ultima in classifica con un solo punto per la peggior differenza reti nei confronti della Fermana, prossimo avversario al “Curi” dei grifoni, sono lì, impietosi, a dimostrarlo.

Il Perugia aveva avuto la fortuna di un iniziale calendario favorevole che poteva aiutarlo a superare il gap della ritardata preparazione, il Fano, incontrato alla prima al “Curi”e con cui abbiamo rischiato seriamente di perdere, non ha ancora vinto una partita e viaggia in zona playout con tre punti, dell’Arezzo abbiamo detto, il Cesena, che al “Curi” ci aveva battuto meritatamente ieri ha preso quattro gol in casa dalla capolista Feralpi Salò e in classifica si trova a pari punti col Perugia con soli quattro punti mentre il Mantova, che aveva vinto finora solo all’esordio, in trasferta contro la modesta Fermana, aveva poi rimediato due sconfitte meritate, col Carpi al “Martelli” e col Padova in trasferta..

Un ciclo iniziale facile che si conclude domenica prossima con la gara del “Curi” contro uno dei due fanalini di coda del torneo, la Fermana. Ebbene, una squadra che ha velleità di vincere il torneo, pur nelle difficoltà causate dal ritardo di preparazione (ma il mercato si poteva completare anche un po’ prima e in maniera migliore) in queste cinque partite aveva il dovere di totalizzare almeno undici punti ed invece, ammesso che si riesca a battere la Fermana, i punti in carniere saranno soltanto sette, troppo pochi, con un pesante ritardo dalla vetta di almeno quattro, cinque punti.

Dicevamo del mercato. Il D.S, Giannitti come per anni il suo predecessore Goretti, ha cercato di fare necessità virtù dovendo, come sempre, guardare alle esigenze societarie di far tornare i conti. Ma come tutti gli anni la rosa biancorossa, superficialmente descritta da qualcuno come un bolide da corsa, presenta invece lacune in tutti i settori. Lacune acuite poi dal non essere riusciti a fare piazza pulita di tutti gli “eroi” della scorsa stagione (personalmente avremmo tenuto il solo Kouan).

Probabile che adesso, come accade in queste circostanze e come accaduto troppo spesso nelle ultime stagioni perugine, le colpe vengano fatte ricadere addosso al tecnico, non esente, in parte, anche lui, lo abbiamo detto, ma per l’ennesima volta le vere colpe vanno ricercate nella gestione societaria che poi è la gestione di un unico soggetto, l’Amministatore Unico Massimiliano Santopadre che, all’indomani dell’amara retrocessione, aveva il dovere di passare la mano e che, invece, è voluto testardamente rimanere al timone sfidando il volere della piazza, cambiando praticamente tutto nella speranza di potersi riscattare vincendo il campionato.

Ma il suo cambiamento si sta rivelando gattopardesco perchè è inutile cambiare tutte le pedine, dal Direttore Generale allo speaker del “Curi” se i suoi modi di gestire le situazioni sono rimasti inalterati. Cambiare tutto per non cambiare niente, come scriveva appunto Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo capolavoro letterario e i deludenti risultati di questa partenza ad handicap del Perugia sono sotto gli occhi di tutti, con il fegato degli amareggiati tifosi che continua, purtroppo, a produrre fiele in quantità industriale. Ed è per questo che rinnoviamo a Santopadre l’appello già lanciato inutilmente due mesi fa, all’indomani della retrocessione:

“Se vuole veramente il bene del Perugia si faccia da parte perchè in questa situazione non si può più andare avanti. A Mantova si è bucato il fondo del barile a forza di raschiarlo!”

Danilo Tedeschini