Continuiamo ad essere la squadra del “vorrei ma non posso”

4988
Continuiamo ad essere la squadra del

Continuiamo ad essere la squadra del “vorrei ma non posso”. I proclami della società alimentano il malcontento della tifoseria. E se non può esserci programmazione, che almeno ci sia chiarezza

 

Non è facile parlare a caldo del preliminare in laguna.

E non tanto per la rotonda sconfitta, che ci vede per la terza volta eliminati dai play off.

Ma per quanto visto al Penzo domenica sera.

Emblematico è stato il battibecco che alcuni Grifoni hanno avuto con dei tifosi giustamente infuriati per lo scarso impegno visto in campo.

Dopo una stagione del genere e dopo una gara del genere, qualche Grifone si è permesso di battibeccare con ragazzi che si sono fatti chilometri per sostenere il Perugia, ragazzi che non hanno mai abbandonato la squadra, anche nei momenti più bui.

Battibeccare con una tifoseria – quella sì – da serie A.

Questi giocatori non si meritano di indossare i colori biancorossi.

Ma perché – al di là della “pazza” stagione di quest’anno e dell’esito di Venezia – c’è tanta critica intorno al Perugia Calcio?

2014/2015 eliminati ai preliminari; 2015/2016 fuori dai play off; 2016/2017 eliminati in semifinale; 2017/2018 eliminati ai preliminari.

Detto così il percorso del Grifo in questi 4 anni di B è ottimo!

Ed è un pazzo chi afferma il contrario.

Oltretutto – al di là della flessione di quest’inverno – mai in questi 4 anni di B siamo mai stati in pericolo retrocessione.

Ma allora perché il Grifo di questi anni è percepito come deludente e criticabile?

Siamo noi tifosi (come al solito) il problema?   Non siamo mai soddisfatti?   Sempre scontenti e polemici?

Ed allora cosa dovrebbero dire i tifosi di Ascoli, Ternana, Entella, Pro Vercelli, ecc.?

In realtà il percorso del Grifo in questi anni diventa deludente solo ed esclusivamente alla luce degli altisonanti proclami ed alle aspettative che crea la Società nella tifoseria.

Alla luce dei continui ambiziosi obiettivi posti a parole, ma puntualmente disattesi dai fatti, provocando una comprensibile irritazione.

“Subito la serie A” (all’indomani della promozione del 2014); “siamo una corazzata”; “puntiamo a migliorare il risultato dell’anno scorso”; “in tre anni la promozione”, ecc.

Oltre alla gestione tecnica, di cui parlo più avanti, infatti, la Società appare quanto mai carente sotto il profilo della comunicazione, che sicuramente non contribuisce all’unità dell’ambiente.

Da alcune surreali conferenze stampa, di questi ultimi anni, su cui già ho scritto ampiamente.

All’improvviso, quanto apparentemente immotivato licenziamento del preparatore dei portieri Bonaiuti un paio di anni fa.

E chissà che l’improvviso calo del rendimento di Rosati non sia dovuto proprio a questo…

Alla misteriosa “sparizione” di Comotto, l’anno passato.

Dopo che l’ex capitano era stato indotto ad abbandonare il calcio giocato e pubblicamente investito dell’importante ruolo di “capitano non giocatore”, raccordo tra spogliatoio e Società.

Quest’anno, poi, sia le modalità di trattamento di Rosati e di Breda hanno sollevato più di una riserva.

E ciò al di là delle legittime scelte tecniche in sé.

Anche se – sotto il profilo tecnico, alla luce delle “papere” anche di Leali, che ci sono costati svariati punti – qualcuno prima o poi ci spiegherà quale valore aggiunto ha portato la scelta tecnica di Leali a danno di Rosati.

Comportamenti inadeguati soprattutto per tenere l’ambiente unito.

Anche la presenza nella rosa del figlio del Presidente Santopadre appare quanto mai inopportuna.

Oltretutto con il cartellino non di proprietà del Perugia Calcio, ma dell’Atalanta…

Se il ragazzo vale – e non abbiamo elementi per sostenere il contrario – sarebbe opportuno che si “facesse le ossa” lontano dalla Società di proprietà della famiglia.

In alternativa il sospetto di “nepotismo” dei malpensanti – soprattutto all’interno dello spogliatoio – è sempre dietro l’angolo.

Danneggiando sia la carriera del ragazzo, ma soprattutto lo spogliatoio biancorosso.

Se si “uniscono i punti” l’immagine che appare non è confortante e fa nascere il sospetto che il clima a Pian di Massiano non sia dei più sereni.

Sotto il profilo tecnico, invece, sono decisamente convinto – e l’ho scritto in tempi non sospetti – che sia ferma intenzione del Presidente Santopadre portare il Grifo in serie A.

E sono fermamente convinto che oggi il Presidente sia infuriato e deluso come ognuno di noi tifosi.

Ma sono parimenti convinto che sarà difficile ottenere la promozione con questo tipo di gestione.

Che l’eventuale promozione potrà arrivare solo grazie alla fortuna ed a circostanze particolarmente favorevoli.

E tutto quanto successo quest’anno è la conferma di ciò che sostengo.

Servono – sì – buoni giocatori, ma serve anche un gruppo coeso che abbia il tempo di assimilare la filosofia del tecnico.

Ed alcune squadre arrivate dalla Lega Pro alla A con due promozioni consecutive, ne sono la prova provata.

Quanto impegno potevano mettere domenica giocatori in prestito che già sanno che a fine anno abbandoneranno il Grifo?

Magari rischiando un infortunio per una squadra che già sanno di lasciare?

L’infortunio di Bandinelli – la cui assenza ha creato così tanti problemi – era così grave da far terminare la stagione in anticipo?

Non poteva attendere il termine della stagione per operarsi?

Sicuramente se il cartellino del centrocampista fosse stato di proprietà del Perugia, si sarebbero potute fare scelte più aderenti agli interessi del Grifo e del campionato in corso.

Ma così non è stato.

Serve, inoltre, un tecnico bravo e di esperienza che abbia il tempo di lavorare.

Se si vuole puntare alla A – non affidandosi solo al caso – non si possono cambiare 4 allenatori in 4 stagioni.

E non dico “6 allenatori in 4 stagioni”, perché i 3 di quest’anno li considero unitariamente.

Non si può puntare sempre su tecnici misconosciuti, che costano poco, sperando di azzeccare il talento emergente.

E la circostanza che su tre ex campioni del mondo 2006, solo uno (Inzaghi) abbia passato il turno (eliminandone un altro) è la conferma che un campione non sarà automaticamente un ottimo allenatore e soprattutto adatto alla B.

Due tra i più forti giocatori di tutti i tempi (Pelè e Maradona), quando si sono seduti in panchina hanno fallito miseramente.

Se si crea l’alchimia, quindi, si vince la Lega Pro, come si vince la B.

E questa alchimia non si crea in una sola stagione, vivendo “alla giornata”.

Serve tempo.

Non si può cambiare la panchina, la rosa ed il modulo ogni stagione, sperando che l’alchimia vincente si crei nei pochi giorni del ritiro estivo.

Può anche succedere, ma è solo grazie alla dea bendata.

“Programmazione”: questa è la parola – a tutt’oggi – sconosciuta dalle parti di Pian di Massiano.

Non si può continuare a cambiare la guida tecnica, sperando che – se non altro per la “legge dei grandi numeri” – prima o poi possa essere l’anno buono.

Né si può continuare con il “mantra” che non ci può essere programmazione, che non si può prendere un allenatore esperto, che non si possono comprare giocatori perché le risorse economiche sono limitate.

Che Santopadre sia bravo, perché tiene i conti a posto, paga regolarmente gli stipendi e riesce a fare sempre campionati più che decorosi.

É tutto vero e sacrosanto.

Com’è vero e sacrosanto, però, che con questo tipo di gestione continuiamo ad essere la squadra del “vorrei, ma non posso”, che ogni anno sta lì, ma più in su delle semifinali play off non va.

Sotto il profilo economico, poi, ancora attendiamo dalla Società indicazioni su come siano stati impiegati gli ingenti ricavi sulle varie operazioni di mercato degli ultimi tempi (Zebli, Drolè, Di Chiara, ecc.).

Dove sono finite le plusvalenze, perché nella rosa ed in panchina non le abbiamo ancora viste.

E non mi si risponda che sono stati impiegati per le infrastrutture.

Sono – sì – importanti le infrastrutture (campi di allenamento, antistadio, spogliatoi, Museo, sede, ecc.), ma ancora più importante è il risultato sportivo.

Senza il risultato sportivo, ogni progetto – anche quello infrastrutturale – diventa inutile.

Probabilmente sarò un uomo di scarsa prospettiva, ma come tifoso preferisco una squadra divertente, vincente e la promozione in A ad una bella sede ed un centro sportivo all’avanguardia…

Se, invece, fosse questo il target del Perugia Calcio, voglio essere molto chiaro: a noi tifosi va bene lo stesso.

Ma allora si smetta di riempirci la testa con obiettivi altisonanti.

Se siamo “condannati” ad essere una buona squadra di serie B, che si salva senza tanti patemi d’animo e che – magari – prova a giocarsi i play off, ma senza tante ambizioni, ci va benissimo.

Penso che la maggior parte delle tifoserie della B metterebbe la firma per essere al posto nostro.

D’altronde, poi, se l’alternativa è un altro fallimento e/o retrocedere, come stiamo ora va più che bene.

Ma ci sia chiarezza e trasparenza da parte dei vertici societari.

Che ci si dica chiaramente che non dobbiamo farci illusioni, che più di così non si riesce a fare.

Che ci dobbiamo accontentare.

Che così va più che bene per questa piazza.

Se non ci può essere programmazione, almeno ci sia chiarezza.

Avv. Gian Luca Laurenzi