Il solito cliché: profumo di serie A e poi …

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Il solito cliché: profumo di serie A e poi … Per il quarto anno consecutivo il Perugia fallisce l’appuntamento con la promozione “sbandierata”. Serve un progetto sportivo nuovo

 

Avete ben presente la donna “profumiera”? E’ quel prototipo di donna, spesso molto avvenente, che riesce ad ammaliare molto bene i suoi conquistatori lusingandoli a dovere, facendo annusare loro il proprio profumo inebriante per tirarsi però sempre indietro nel momento più importante, lasciando interdetti i malcapitati corteggiatori.

Il paragone con la donna profumiera sembra essere calzante per descrivere i quattro anni di cadetteria del Perugia targato Santopadre.

Ogni anno l’identico cliché, con i’inebriante profumo della Serie A fatto annusare più o meno velatamente agli spasimanti tifosi che però, nel momento topico, rimangono regolarmente con un pugno di mosche in mano, con l’illusione che si trasforma  in chimera.

E non potrà andare diversamente finchè ogni anno si parte regolarmente con un “progetto” diverso, con un allenatore diverso, con una squadra sempre da ricostruire per due terzi, anche quando, come nel primo anno di Camplone si era reduci da una trionfante vittoria del campionato di Lega Pro.

E, comunque, non a caso quell’annata, l’unica che aveva visto un briciolo di continuità nella guida tecnica, rimane la più prolifica con i sessantasei punti realizzati, anche se con la delusione dell’eliminazione al preliminare col Pescara.

La stagione successiva, partita come sempre con le solite dichiarazioni di volersi migliorare da parte della società, a dispetto dell’incompletezza della rosa, grazie anche alla sciagurata scelta di chiamare e confermare Bisoli a dispetto dei risultati, rimane la più negativa con i suoi cinquantacinque punti che quasi mai hanno emanato il profumo illusorio di una possibile promozione, a differenza della scorsa stagione, quando si è tornati sulla scelta di un allenatore giovane e inesperto, Bucchi, che ha portato la squadra ai playoff con il miglior piazzamento, il quarto posto, anche se a distanza siderale dalla terza.

La cocente eliminazione nella semifinale col Benevento certificò ancora un anno di illusioni andato in fumo con il profumo di Serie A ancora una volta evaporato.

E veniamo a quest’anno, altro giro di valzer in panchina, con l’ingaggio di un nuovo tecnico, un altro debuttante in cadetteria come Giunti e il consueto obiettivo estivo sbandierato dalla società, quello di migliorare il quarto posto dello scorso anno, dal profumo ammaliante per i tifosi che, al contrario, si sono invece dovuti sorbire un campionato altalenante, iniziato alla grande ma proseguito in maniera allarmante e per certi versi allucinante per tutto il girone d’andata, prima con Giunti, esonerato dopo cinque sconfitte consecutive, poi con il suo sostituto Breda.

Ma nella prima parte del girone di ritorno la musica sembrava cambiare col tecnico di Treviso che, anche grazie a qualche risultato raggiunto con un po’ di fortuna, scalava la classifica facendo sognare a qualche superottimista addirittura la possibilità della promozione diretta.

Ma il suo Grifo nella seconda parte del girone di ritorno pagava la rincorsa calando fisicamente e, complice anche il tutt’altro che perfetto innesto del nuovo arrivato Diamanti nel ben oliato meccanismo e qualche errore del nuovo portiere Leali, chiudeva all’ottavo posto a quota sessanta.

Breda, però, veniva clamorosamente sollevato ad una giornata dal termine, con il Perugia matematicamente qualificato per il preliminare, anche se dal gradino più basso, pagando probabilmente il calo finale ma, in particolare, la “colpa” di aver impiegato meno del previsto Diamanti.

Ma quello che lasciava allibiti era il nome del sostituto, il campione del mondo come giocatore, ma illustre sconosciuto come allenatore, Alessandro Nesta. E’ vero che Santopadre ha sempre amato le scommesse in panchina  ma la scelta, stavolta, aveva il sapore delle roulette russa.

E così, dopo aver perso l’“amichevole” di Empoli all’esordio, dopo un rinvio di una settimana che doveva favorire proprio Nesta, che poteva avere più tempo per conoscere la squadra e preparare il preliminare in trasferta, si è arrivati alla  sfida di Venezia e con essa all’ennesima, prevedibile amarezza con gli effluvi profumati della Serie A volati via un’altra volta.

Nesta, come previsto, ha schierato Diamanti dall’inizio, addirittura da mezzala, e l’ex livornese, a parte un paio di insidiose conclusioni dalla distanza nel primo tempo, si è distinto per la colpevole ritardata chiusura su Stulac nell’azione del primo gol e per qualche inutile cambio di campo, sparendo nella ripresa in preda ad un calo fisico evidente che ha coinvolto tutta la squadra.

La settimana scorsa avevamo invano sottolineato come Diamanti, anche in funzione dei supplementari, sarebbe stato preferibile tenerlo inizialmente in panchina per poi averlo a disposizione fresco per giocare l’ultima ora, eventuali supplementari compresi, riservandosi la possibilità, con il sui ingresso, di poter cambiare tatticamente la gara passando ad un modulo più offensivo.

Ed invece niente, sotto di uno a zero per il fantastico gol di Stulac (ma non si era provato tutta la settimana come difendersi sulle palle inattive degli avversari?) Nesta si è privato della possibilità di inserire un altro attaccante e di cambiare la gara, terminata con un secco quanto meritato tre a zero per i lagunari, con il bomber Di Carmine ancora una volta a secco, non solo di gol, ma anche di conclusioni, con Diamanti in campo e con i settecento tifosi arrivati stoicamente in laguna di domenica sera, a masticare il sapore amaro dell’ennesima delusione.

Le scelte della società di prendere Diamanti a febbraio inoltrato e di sostituire Breda con Nesta all’ultima giornata si sono rivelate senza senso, degne perle di una stagione allucinante per il suo andamento da montagne russe, stagione che invece doveva migliorare, come sbandierato da Santopadre alla vigilia del torneo, il quarto posto dello scorso anno.

E adesso? Si ripartirà un altra volta con un “progetto” nuovo (sinceramente ci auguriamo che l’avventura Nesta finisca qui), con la consueta perdita degli uomini migliori, tutti in prestito ad eccezione di Di Carmine, la cui probabile cessione servirà per fare cassa, con  le solite promesse da marinaio estive utili soltanto per la campagna abbonamenti?

Ma il pubblico perugino non è stupido e gli oltre quindicimila, tra paganti e abbonati, in meno di questa stagione rispetto alla precedente sono un forte monito.

Senza una programmazione seria non si va da nessuna parte e non è spargendo in estate l’inebriante, quanto illusorio, profumo della Serie A, che poi regolarmente svanisce perchè non si ha né la forza nè la bravura necessaria, che si fa tornare il pubblico al “Curi”!

Danilo Tedeschini